Mose, storia di uno scandalo

Un progetto di salvaguardia ambientale si è trasformato in un’enorme scandalo di appalti, al centro di un’inchiesta giudiziaria che ha già portato in manette 35 persone, tra cui il Sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, e ne vede un altro centinaio, tra politici e imprenditori, ancora indagati dalla Procura di Venezia. Il nodo a cui ruota intorno la vicenda è il Mose, o MOdulo Sperimentale Elettromeccanico, un sistema di dighe ultratecnologico, progettato per difendere le città lagunari, come Venezia e Chioggia, dal pericolo dell’acqua alta. Ma scandali a parte, in cosa consiste il Mose, e a che punto siamo con il suo sviluppo?

L’acqua alta
Si tratta di un fenomeno causato dall’abbassamento del suolo nell’area della laguna, e all’innalzamento dei livelli del mare, che si presenta in corrispondenza con determinati eventi meteorologici. Quando fenomeni come la sessa (movimenti ondosi causati dall’improvviso abbassamento della pressione atmosferica), o i forti venti di scirocco che soffiano dall’Adriatico spingono una maggiore quantità di acqua all’interno della laguna, i livelli dei normali cicli di marea si innalzano, e il mare inonda le strade di Venezia trasformandosi in acqua alta. I cosiddetti fenomeni di acqua alta eccezionale, caratterizzati da un innalzamento medio delle acque superiore ai 110 cm (maggiore cioè del livello della pavimentazione di Venezia, che in media si trova a 100 cm sopra l’acqua delle laguna) hanno iniziato a colpire con frequenza sempre maggiore nel corso dell’ultimo secolo. Nel 1966, un’alluvione particolarmente intensa, con una marea di 194 cm, ha interessato Venezia, chioggia e altri centri della laguna, portando alla prima Legge Speciale per Venezia, che prevede lo sviluppo di sistemi tecnologici per salvaguardare la città dalle acque del mare.

Il progetto
A partire dagli anni ’60 inizia quindi un lungo lavoro di progettazione, per ideare interventi mirati in grado di contrastare l’acqua alta. Negli anni ’80 viene fondato il Consorzio Venezia Nuova, unione di grandi imprese di costruzione italiane, cooperative e imprese locali a il cui il Magistrato alle Acque di Venezia (parte del Ministero dei Trasporti) affida lo sviluppo degli interventi, e che nel 1989 sperimenta per la prima volta il prototipo del MOdulo Sperimentale Elettromeccanico. Di cosa si tratta? Il Mose è composto da 78 paratoie mobili, schierate a formare 4 barriere poste nelle 3 bocche di porto (porto di Lido, porto di Malmocco e porto di Chioggia), cioè i punti in cui la laguna di Venezia entra in comunicazione con il Mare Adriatico. Le barriere sono progettate per rimanere abbassate in condizioni di marea normale, completamente invisibili sul fondo della laguna, emergendo solamente quando l’acqua alta sale sopra i 110 cm, per sbarrare le bocche di porto, e impedire così all’acqua di superare i livelli di guardia.

I lavori
Il progetto ha ricevuto l’ok definitivo nel 2003, e nello stesso anno hanno preso il via anche i cantieri. Ad oggi sono stati spesi circa 5 miliardi di euro, ed è stato completato l’80% dei lavori previsti: per quest’anno dovrebbero essere finite le due barriere di porto del Lido, mentre gli altri due siti dovrebbero essere conclusi entro il 2016. Qualche anno di ritardo, se si pensa che nel 1989 il progetto prevedeva l’istallazione definitiva dei dispositivi entro il 2000, e anche qualche soldo di troppo rispetto ai 3.200 miliardi di lire (fate voi il conto in euro) stanziati al tempo. D’altronde, se il processo confermare le ipotesi della magistratura, non sarà difficile ipotizzare cosa abbia fatto levitare i tempi e i costi del progetto.

I dubbi
Oltre ai recenti scandali, negli anni il Mose è stato anche al centro di forti critiche, principalmente da parte di associazioni ambientaliste, per il suo presunto impatto sull’habitat lagunare, che nel 2004 ha portato anche ad una procedura di infrazione avviata dalla Ue nei confronti del nostro Paese (archiviata poi nel 2009 a seguito degli interventi adottati dal Governo Italiano per diminuire l’impatto ambientale del progetto). In particolare, sotto accusa sono finiti i lavori necessari per collocare le barriere meccaniche nelle bocche di porto, che prevedono l’applicazione di migliaia di piloni di cemento a supporto delle paratoie, e che rendono necessario il livellamento dei fondali, operazioni che secondo i critici rischierebbero di compromettere l’equilibrio idrogeologico della laguna, e di rovinare il delicato ecosistema della zona. Negli anni inoltre i comitati del no Mose hanno avanzato forti dubbi anche sulla reale efficacia del sistema di barriere, accusando il Magistrato alle Acque e il Consorzio Venezia Nuova di non aver mai voluto prendere in considerazione i sistemi alternativi proposti negli ultimi decenni.

Via Wired.it

Credits immagine: giorgio bertossi/Flickr

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