Nanomagneti per cuocere i tumori

    Uccidere le cellule tumorali con i nano-magneti, cocendole con lo stesso principio del forno a microonde. È una delle possibilità che lascia intravedere la ricerca di un gruppo italiano dell’Università di Cagliari guidato da Anna Musinu.

    Lo studio delle nano-particelle applicate alla biomedicina continua a dare risultati interessanti, per quanto la ricerca sia ancora agli inizi. Con il loro lavoro, i chimici dell’ateneo sardo stanno ora indagando alcune delle possibilità aperte da questo campo. Una è quella di utilizzare le particelle magnetiche per veicolare i farmaci esclusivamente alle cellule malate, l’altra consiste nel guidarle fino al tumore e poi costringerle a oscillare sotto il controllo di un campo magnetico variabile, riscaldando così le cellule bersaglio, proprio come un forno a microonde fa con le molecole d’acqua contenute nei cibi. Questo secondo meccanismo sfrutta l’ipertermia. Sembra infatti che le cellule cancerogene possano essere distrutte portandole alla temperatura di 42,5 gradi centigradi per circa mezz’ora.

    Affinché giungano nel luogo desiderato, le particelle devono essere inglobate nei liposomi, microsfere cave formate da doppi strati lipidici (motivo per cui vengono chiamate “magneto-liposomi”), che sono in grado di superare la barriera delle cellule. Inoltre devono avere un diametro di circa 20 nanometri. Dimensioni più grandi potrebbero infatti ostruire i vasi sanguigni, mentre particelle più piccole potrebbero essere “mangiate” dai macrofagi, cellule dell’organismo deputate all’eliminazione dei corpi estranei.

    Al momento, il gruppo di ricerca di Musinu si sta occupando proprio della sintesi delle particelle e dello studio delle loro proprietà strutturali e magnetiche. Per ora queste vengono costruite in ossido di ferro o in ferrite di cobalto. Le ultime sono più manovrabili, perché le loro proprietà magnetiche dipendono fortemente dalla direzione lungo cui viene applicato il campo (proprietà nota come anisotropia magnetica). Al contrario delle altre però, sono tossiche, motivo per cui devono essere rivestite con la silice.

    I ricercatori stanno anche pensando a come eliminare i magneti una volta che abbiano terminato il loro lavoro: se sono di ossido di ferro, spiegano i ricercatori, possono essere mangiati dai macrofagi; se sono di ferrite di cobalto devono essere fatti uscire dall’organismo. Il prossimo passo è uno studio multidisciplinare in collaborazione con i dipartimenti di Farmacia e di Medicina per valutare la tossicità e passare poi alla sperimentazione in vitro e in vivo sui ratti. (t.m.)

    Riferimento: Università di Cagliari

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