Categorie: Società

Nature premia gli scienziati italiani

La scienza è fatta di scoperte, errori e infinite ore di insegnamento. E non si tratta solo di lezioni frontali tenute nelle aule universitarie. Se la ricerca prosegue lungo la propria strada è anche merito dei mentori che seguono gli scienziati più giovani. Per riconoscere il valore di queste figure, la rivista Nature promuove i Nature Awards for Mentoring in Science: quest’anno il premio è dedicato all’Italia e c’è tempo fino al 20 agosto per presentare le candidature.

L’Award di Nature è giunto alla sua nona edizione e prevede la possibilità di candidare qualunque scienziato attivo nel campo delle scienze naturali in due categorie: mid-career e life-time achievement. Come unica restrizione, il candidato deve avere la propria attuale residenza lavorativa in Italia. Tuttavia, i sostenitori della candidatura – almeno cinque scienziati che abbiano beneficiato del mentoring – possono avere nazionalità e affiliazione lavorativa anche diversa da quella italiana.

Il sito dell’Award riporta tutte le informazioni necessarie per presentare la candidatura (ci sono tre diversi moduli da compilare) in formato elettronico. I nomi dei vincitori saranno comunicati in occasione di un evento che si terrà in Italia entro la fine di quest’anno. Come è accaduto per le edizioni passate, il premio promosso da Nature ha lo scopo di sensibilizzare il mondo della ricerca sull’importanza del trasferimento della conoscenza.

Va da sé che la qualità della ricerca non si misuri solo attraverso un elevato numero di pubblicazioni. Né, tantomeno, i rapporti tra scienziati leader e ricercatori più giovani possono limitarsi a una forma di sottomissione lavorativa. “Il mentoring è una caratteristica fondamentale per una comunità scientifica in buona salute” commenta a Galileo Alison Abbott, Senior european correspondent di Nature e giudice dell’Award “ma è una attività intangibile e esistono pochi modi per ricompensare gli scienziati che l’hanno svolta bene”.

Il fatto più importante è che le attività di mentoring non sono qualcosa di straordinario: le eccellenze sono giustamente premiate, ma in realtà la trasmissione del sapere rappresenta un dovere dello scienziato. Formare nuovi ricercatori vuole anche dire renderli pronti a affrontare il mondo della ricerca in totale indipendenza. Un bravo mentore, per dirla breve, non può essere l’unico ispiratore di un bravo scienziato.

L’Italia ha la possibilità di dimostrare che queste eccellenze non le mancano. Dopo il 20 agosto le candidature verranno esaminate dalla giuria del premio – presieduta da Luciano Maiani (Cern Ginevra) – che oltre a Abbott è composta da Rosario Fazio, (Scuola Normale Superiore Pisa), Elisabetta Dejana, (Ifom Milano), Dario Braga, (Università di Bologna) e Maria Cristina Facchini (Isac-Cnr Bologna). Il migliore augurio che possa essere fatto è quello di vedere candidate anche molte donne (vedi Galileo: Come funziona il pregiudizio di genere nella scienza). E che vinca il (o la) migliore.

Credits immagine: Corey Leopold/Flickr

Lorenzo Mannella

Si occupa di scienza, internet e innovazione. Laureato in Biotecnologie presso l'Università di Pisa, ha frequentato il master SGP in comunicazione scientifica presso Sapienza Università di Roma. Collabora con Galileo dal 2011. Scrive per Wired, Sapere e L'Espresso.

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