Né clonati né artificiali

L’Italia dice no alla clonazione degli esseri umani. Lo scorso giovedì infatti il Parlamento ha approvato a larga maggioranza il Protocollo del Consiglio d’Europa, che risale al gennaio 1998, in cui si vieta “ogni trattamento finalizzato a creare un essere umano geneticamente identico ad un altro vivente o morto”. No alle fotocopie di esseri umani, dunque. La risposta se non è stata tempestiva, almeno è riuscita a tranquillizzare quella parte di opinione pubblica allarmata dalle dichiarazioni di Severino Antinori, Panayotis Zavos e Avi Ben Abraham. I ricercatori che, dal canto loro, sognano di esaudire i desideri di centinaia di coppie sterili sparse per il mondo producendo figli fotocopia.

Ma se la clonazione umana non è una strada percorribile, quali sono le alternative per le coppie sterili? Purtroppo la situazione del nostro paese in tema di fecondazione artificiale non lascia spazio a facili entusiasmi. E’ assente una legge che la regolamenti, così come mancano un monitoraggio delle attività dei numerosi centri che effettuano diagnosi genetiche e stime sul numero di embrioni congelati attualmente esistenti. Di più. Non ha avuto seguito il lavoro della Commissione Dulbecco, istituita per proporre una via italiana per la ricerca sulle cellule staminali senza produzione di embrioni. Che permetta di produrre organi di ricambio a scopo terapeutico senza dover ricorrere alla clonazione umana.

“Da un certo punto di vista l’approvazione da parte del governo italiano è un gesto degno d’attenzione perché serve a rassicurare la gente”, afferma Edoardo Boncinelli, direttore del Laboratorio di Biologia Molecolare dello Sviluppo all’Ospedale San Raffaele di Milano e membro della Commissione Dulbecco. “D’altra parte però, come italiano, mi viene da ridere: tra tutte quelle bloccate in Parlamento, viene votata proprio una legge che vieta di fare una cosa che non si può realizzare, ovvero la clonazione”. E aggiunge: “ritengo infatti che passeranno degli anni prima che questi esperimenti avranno delle reali possibilità di successo”. Infatti, oggi per ottenere un feto sano sono necessarie centinaia di cellule uovo: la maggior parte dei cloni muoiono a causa delle malformazioni che colpiscono soprattutto i grandi organi e il sistema immunitario.

E’ diverso il caso della clonazione per il trattamento di patologie umane: “quella terapeutica”, racconta Boncinelli, “è una concreta speranza. Questa tecnica è già usata in molti laboratori per la produzione di pelle, o della cornea, o ancora per mettere a punto pezzettini piccolissimi di osso. Io ritengo che dal punto di vista biologico non esistano degli ostacoli alla realizzazione dei tessuti e, in linea di principio, anche di piccole parti di organo. Oltre che potenzialmente praticabile, sarebbe anche auspicabile vista la scarsezza di donatori compatibili”.

Sui risultati dei lavori della Commissione Dulbecco, Boncinelli è scettico: “sulla parte scientifica del problema non abbiamo raggiunto un accordo, la parte etica invece è andata meglio, ma comunque la relazione finale della commissione è rimasta lettera morta ”. Il ricercatore infatti lamenta il fatto che in Italia non si facciano gli esperimenti. Anche quelli con il metodo Tnsa, quello suggerito dalla Commissione. La clonazione umana per Boncinelli è invece fuori discussione: “ha tanti e tali margini di errore che se non è impossibile in linea di principio lo diventa in linea di fatto.”

Ma la ratifica del Protocollo non potrebbe rappresentare un segno, anche se tardivo, dell’interesse da parte delle istituzioni al problema? “E’ solo un gesto in mezzo a tante omissioni”, sottolinea Boncinelli. “Se il Parlamento funzionasse davvero si sarebbero già fatte altre leggi che invece si sono arenate. Tra le altre, quella sulla fecondazione assistita. Nel nostro paese”, va avanti il ricercatore, “è permesso quasi tutto e mancano dei controlli adeguati anche sui centri e sul numero di embrioni prodotti. Probabilmente anche sulla fecondazione accadrà quello che è successo con il Genoma: l’Italia guarderà quello che viene fatto negli altri paesi”.

Forse per questo il ministro della Sanità Umberto Veronesi, in occasione di un convegno che si è tenuto mercoledì scorso a Roma, ha annunciato un provvedimento per sanare la situazione italiana. Un decreto legislativo per definire le linee guida di regolamentazione delle pratiche di fecondazione assistita e monitorare il numero di embrioni congelati esistenti nel nostro paese. Tre legislature sono servite prima che maggioranza e opposizione raggiungessero dei punti d’accordo sulle tecniche da utilizzare nei centri autorizzati, sui divieti di sperimentazione sugli embrioni umani, di selezione per scopi eugenetici e di clonazione umana. Ma le spaccature si sono create da subito sul diritto di accesso alle tecniche – donne singole, coppie, conviventi – e ancora sulla fecondazione eterologa e altre questioni ancora. Tutte, più politiche che scientifiche.

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