Nella testa di chi mente

I ricercatori del Temple University Hospital di Philadelphia (Usa) hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per vedere quali aree della corteccia cerebrale si attivano quando si mente. La fMRI permette di individuare visivamente in quali parti del cervello i neuroni sono più attivi (maggiore consumo di ossigeno), quando al paziente viene chiesto di svolgere un determinato compito. Il gruppo di ricerca, guidato da Feroze Mohamed, ha sottoposto undici volontari alla risonanza magnetica e ha chiesto loro di rispondere a delle domande. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Radiology. Sei volontari dovevano mentire, mentre gli altri cinque dovevano dire sempre la verità. Le stesse domande sono state poi ripetute sottoponendo i volontari al test del poligrafo, la classica macchina della verità che misura l’attività cardiovascolare e la sudorazione. I ricercatori hanno scoperto che a ogni bugia si attivano aree diverse e in numero maggiore (14 invece che 7) rispetto a quelle implicate nel dire la verità. In particolare vi è un maggiore coinvolgimento del lobo frontale, che sembra una chiara spia delle bugie. Il poligrafo ha individuato il 92 per cento delle menzogne e solo il 70 per cento delle verità. Lo studio potrebbe avere importanti conseguenze per le procedure dei processi penali. (t.m.)

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