Contro il dolore cronico in arrivo una neuromodulazione meno invasiva

neuromodulazione
Immagine di Anna Mikkelgaard via Pixabay

Il dolore cronico, dal mal di schiena ai dolori articolari, rappresenta una delle principali cause di disabilità a livello globale. Le terapie prevedono l’uso di farmaci oppioidi, che hanno vari effetti collaterali e che negli Stati Uniti sono spesso alla base di abusi – si parla della crisi degli oppioidi. Per questo, un gruppo internazionale, che include il King’s College London, ha cercato un’alternativa a questi medicinali. Il risultato è un nuovo tipo di neuromodulazione, un trattamento basato sulla stimolazione elettrica, che serve a modificare la trasmissione degli impulsi nervosi. Già impiegata per gestire il dolore cronico, la neuromodulazione in questo caso si basa sulla somministrazione di una corrente bifasica a frequenza ultra bassa. Lo studio pilota, su Science Translational Medicine, è ancora nel suo stadio iniziale anche se ci sono già buoni risultati nei ratti e in un gruppo di 20 pazienti.

La neuromodulazione contro il dolore cronico

Il dolore cronico, che dura tre mesi o più, si presenta quando i nervi continuano a inviare segnali al cervello dopo che la fonte originaria del dolore è stata eliminata. Per interrompere questa comunicazione, la neuromodulazione agisce sui nervi interessati e blocca la trasmissione dei segnali dolorosi. Per farlo si serve dell’impianto di elettrodi e generatori di impulsi, oppure di sistemi di infusione (in questo caso l’azione è chimica). Gli autori hanno sviluppato un nuovo metodo di neuromodulazione elettrica che, a differenza di quelli attualmente impiegati, potrebbe ridurre i danni locali ai tessuti. Oggi, infatti, come spiegano i ricercatori, i sistemi in uso possono essere invasivi, avere risultati variabili e causare vari effetti collaterali. La corrente utilizzata è alternata bifasica, dunque non continua, e questo consente di ridurre i potenziali danni ai tessuti, la frequenza è ultra-bassa.

Dolore cronico, i primi risultati sono favorevoli

Gli elettrodi sono inseriti per via percutanea nelle zampe posteriori e inviano la corrente al ganglio della radice dorsale, nodulo che contiene il corpo del neurone. Dopo vari test nei ratti i ricercatori hanno provato il nuovo metodo su 20 pazienti con dolore alle gambe e mal di schiena cronico. L’intervento prevedeva 5 trattamenti di neuromodulazione in un intervallo di due settimane. Dopo questo periodo i partecipanti hanno indicato una riduzione del mal di schiena fino al 90% e dei dolori alle gambe fino al 50%. Ben 16 persone su 20 si sono dichiarate “molto soddisfatte” durante il follow up. La terapia è stato ben tollerata e gli eventi avversi erano tutti di lieve entità.

Siamo solo agli inizi e la ricerca è uno studio pilota, tuttavia la nuova tecnica potrebbe aprire prospettive di studio e di trattamento. Ricordando che a soffrire non sono in pochi: secondo alcuni dati Istat riportati in una pubblicazione sul tema, il dolore cronico colpisce più del 20% della popolazione italiana – percentuale simile negli Usa, dove si è svolto lo studio.

Riferimenti: Science Translational Medicine