Tecnologia

Notifiche: quando sono fastidiose?

Squilli, suoni e vibrazioni: il nostro cellulare si illumina costantemente per il flusso incessante di messaggi di testo, e-mail, notifiche di Facebook e altri cento tipi di avvisi diversi. Ma il dilemma è sempre lo stesso: guardare subito, interrompendo quello che stavamo facendo, oppure far finta di niente, pensando che lo si farà quando più si avrà più voglia? Rispondere non è facile, ma un nuovo studio della Rutgers University può aiutarci quanto meno a prevedere quando saremo più disposti a dare retta alle notifiche dello smartphone. Il loro modello prende in considerazione la personalità, il luogo in cui si troviamo e il momento della giornata, e secondo i ricercatori potrebbe aiutare i produttori di telefoni a sviluppare sistemi di notifica in grado di disturbarci solo al momento più opportuno.

“Idealmente, un sistema di gestione delle notifiche dovrebbe essere come un segretario umano che sa quando ci può interrompere o invece è meglio lasciarci soli”, spiega Janne Lindqvist, della Rutgers University. “È già stato dimostrato che le interruzioni dovute alle notifiche infastidiscono spesso gli utenti, diminuiscono la produttività e influenzano le emozioni. Quindi sarebbe importante saper scegliere il momento giusto per disturbare le persone”.

Nello studio, il team di ricercatori è riuscito a sviluppare un modello che permette di prevedere quanto un utente può essere considerato “distraibile”. Per prima cosa hanno sviluppato una app pensata per valutare quanto fossero infastiditi gli utenti da una notifica, e in questo modo hanno raccolto più di 5mila risposte alle notifiche arrivate a 22 volontari nel corso di quattro settimane. Successivamente, i ricercatori hanno analizzato quali situazioni influenzassero la “distraibilità” dei partecipanti, cioè quanto fossero ben disposti a ricevere una notifica. Prevedibilmente, quando i partecipanti si trovavano in uno stato d’animo “piacevole” erano più distraibili”, rispetto a quando il loro stato d’animo era negativo. Inoltre, secondo la ricerca, la disponibilità dei partecipanti a essere interrotti dipende anche dalla personalità (che i ricercatori hanno valutato sottoponendo i partecipanti a dei test psicologici) e da dove si ricevono le notifiche. Alcuni partecipanti, per esempio, erano più disposti a essere disturbati dalle notifiche in luoghi come ospedali e altre strutture mediche, mentre non erano affatto ben disposti a essere interrotti durante altre attività, come per esempio lo studio.

“Oggi, il sistema di gestione delle notifiche non è intelligente e il nostro modello potrebbe permettere a questo sistema di capire, come farebbe un segretario umano, quando è il caso di disturbarci oppure no”, spiega l’autore. “In futuro, potremmo ottimizzare il nostro modello per consentire la personalizzazione delle notifiche, come, per esempio, consentire a qualcuno di poterci disturbare sempre. La chiamata dei nostri figli non possiamo ignorarla, ma forse quella di qualche altro parente sì”.

Riferimenti: Rutgers University

Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

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