Una nuova specie di scimmia, vissuta circa 11 milioni di anni fa, è stata riportata alla luce in Germania e potrebbe aiutare gli scienziati a capire in che modo è avvenuta, nei nostri antenati, la transizione da quadrupedi a bipedi, o meglio come è insorto il bipedismo. Le presentazioni ufficiali sulla rivista Nature, fresca di un anniversario importante.
Ci sono un gran numero di ipotesi che cercano di spiegare l’origine del bipedismo nelle scimmie e come questo si sia evoluto a partire da animali che erano invece principalmente quadrupedi. Tuttavia, la mancanza di fossili non ha reso finora possibile confermare queste teorie. E sappiamo invece quanto fondamentali siano i fossili per ricostruire le storie dei nostri antentati: il piede della piccola Lucy ci ha permesso per esempio di comprendere che malgrado il bipedismo accertato gli Australopithecus afarensis fossero ancora degli scalatori (di alberi), soprattutto i piccoli. Il nostro bipedismo potrebbe arrivare da lì, o essersi evoluto alzandoci da terra, o ancora in un terzo modo di locomozione suggerito proprio dalla scoperta di questa nuova scimmia, spiega Tracy L. Kivell in una News & Views che accompagna oggi il paper su Nature.
A parlare, anche stavolta, sono i fossili. La nuova specie scoperta, che prende il nome di Danuvius guggenmosi, è stata infatti ricostruita a partire da un fossile, ritrovato in Bavaria, con tutte le ossa degli arti ancora presenti, risalente a oltre 11 milioni di anni fa. La presenza di tutti gli arti ha permesso ai ricercatori di ricostruire l’aspetto di questo antico esemplare: si trattava di una scimmia con un robusto torace, una spina dorsale lombare e fianchi e ginocchia estese, una serie di caratteristiche più vicine al bipedismo che alla anatomia dei quadrupedi.
Secondo gli autori, le ossa riportare alla luce confermano un nuovo tipo di movimento utilizzato da questa specie, che gli scienziati hanno chiamato “l’arrampicata con gli arti estesi” (letteralmente: extended limb clambering). D. guggenmosi sarebbe quindi stata in grado di appendersi ai rami utilizzando le proprie braccia ma, contrariamente ad altre specie come per esempio gibboni e orangotango, che usano per lo più le braccia per muoversi, le gambe della nuova specie erano perlopiù dritte, e con un’anatomia tale da consentirgli di camminare. Completa il quadro un alluce prensile. Con queste caratteristiche, D. guggenmosi potrebbe quindi rappresentare un antenato comune tra gli esseri umani e le scimmie antropomorfe.
Secondo gli scienziati, questa specie potrebbe indicare l’inizio del bipedismo nelle scimmie antropomorfe, e potrebbe aiutare a capire come questi animali hanno iniziato a muovere i primi passi sulle zampe posteriori.
Riferimenti: Nature
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