Alla XII Conferenza mondiale sull’Aids, a Ginevra dal 28 giugno al 3 luglio, i ricercatori che da anni lavorano in questo campo hanno finalmente compreso la necessità di battere nuove piste. Dopo aver esplorato l’area dei farmaci antiretrovirali, in grado di tenere a bada l’infezione, e aver visitato le province delle categorie a rischio, soprattutto omosessuali e tossicodipendenti, il mondo scientifico (e non solo) avanza dunque verso le regioni ancora inesplorate del pianeta Aids, scoprendo paesaggi altrettanto importanti per lo sviluppo di strategie efficaci contro il virus. E così, durante i lavori ginevrini, hanno tenuto banco quelli che si potrebbero definire i problemi delle minoranze, o meglio di tutti quei soggetti che finora erano rimasti in secondo piano: in particolare le donne e gli abitanti dei paesi poveri.
I nuovi dati sulla diffusione dell’infezione, infatti, mostrano che, al contrario di quanto si registra nelle categorie tradizionalmente considerate a rischio, il numero di infezioni è in costante aumento tra gli eterosessuali. Soprattutto tra le donne. E di conseguenza diventa sempre più impellente il problema della trasmissione verticale dell’infezione da madre a figlio e del trattamento migliore da somministrare nei casi di Aids pediatrico.
Ma l’attenzione maggiore degli esperti intervenuti alla conferenza è stata dedicata ai paesi in via sviluppo: degli oltre 30 milioni di sieropositivi che si contano in tutto il mondo, ben 21 si trovano nella sola regione dell’Africa sub-sahariana, e altri 6 milioni in Asia. Mentre Europa occidentale e America settentrionale raggiungono insieme appena il milione e mezzo di persone infettate dall’Hiv. Quella che colpisce i paesi poveri è insomma una vera e propria epidemia, che avanza al ritmo di 16 mila nuovi casi al giorno, ed è ormai chiaro che bisogna trovare strategie alternative per tentare di bloccarla. Perché i famosi cocktail di farmaci antiretrovirali sono talmente costosi che solo nei paesi occidentali, dove cioè si trova appena il 5% del numero totale di sieropositivi, è possibile curarsi in maniera efficace. Per il resto della popolazione mondiale occorrono nuovi farmaci, meno costosi e con minore tossicità: la rivalutazione della medicina tradizionale ((link all’archivio)) e la ricerca di terapie alternative sono due direzioni in cui si è mossa quest’ultima Conferenza.
La lotta alla diffusione del virus, però, è fatta anche e soprattutto di prevenzione. Se da un lato infatti tutte le associazioni non governative presenti ai lavori hanno fatto appello all’uso del preservativo, scoraggiando i comportamenti a rischio, dall’altro scienziati e politici hanno invocato lo sviluppo di un vaccino preventivo veramente efficace. Una meta che purtroppo al momento sembra difficilmente raggiungibile, per le insormontabili difficoltà tecniche.