Le nuove varianti del coronavirus riducono l’efficacia dei vaccini?

varianti
Immagine di Gerd Atlmann via Pixabay

È una delle prime domande che ci si pone quando si sente parlare delle varianti mutate del virusdiminuiranno l’efficacia dei vaccini?, insieme a: saranno più contagiose? Sotto accusa ci sono le due varianti del Sars-Cov-2, quella rintracciata nel Regno Unito e la più recente scoperta in Sudafrica, che coinvolgono anche la proteina spike, contro cui agiscono anche i vaccini. Ancora non sappiamo con certezza se queste varianti possano ridurre in parte la protezione dei vaccini anche se dai primi studi sulla variante scoperta nel Regno Unito (e poi in molti altri paesi) gli scienziati ritengono che con buona probabilità la vaccinazione non dovrebbe perdere di efficacia.

L’idea è che i vaccini sviluppati e di cui alcuni già in uso aiutino il sistema immunitario a colpire varie parti della proteina spike e non soltanto la parte mutata. Inoltre, anche qualora ci fosse un calo dell’efficacia degli attuali vaccini le case farmaceutiche produttrici dichiarano di essere in grado di cambiarli rapidamente adattandoli alle nuove esigenze. Ecco cosa sappiamo.

È probabile che ci sia la stessa efficacia

Attualmente in Europa e in Italia il vaccino già in uso è quello di Pfizer-Biontech, anche se l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha approvato il 6 gennaio 2021 anche il vaccino di Moderna, che dunque potrà essere impiegato in Europa. In seguito alla scoperta della variante nel Regno Unito, chiamata in sigla B117, l’azienda Biontech ha dichiarato, come riportato dai media, che, anche se la certezza ancora non c’è, a livello teorico scientifico è “altamente probabile” che la risposta immunitaria stimolata dal vaccino Pfizer-Biontech (quello che stiamo usando noi) possa riuscire a gestire con successo anche la nuova variante B117. Ma oltre alla teoria c’è anche la pratica: attualmente le case farmaceutiche stanno testando in laboratorio l’efficacia dei vaccini contro le nuove varianti. E questo potrebbe valere anche per gli altri vaccini: nel frattempo, anche l’azienda Astrazeneca, che ha sviluppato il vaccino insieme all’università di Oxford e all’Irbm di Pomezia, fa sapere sul Time che il vaccino Oxford-Astrazeneca è probabilmente efficace contro la variante B117 (il condizionale rimane d’obbligo perché anche in questo caso non c’è certezza). Ed è la stessa valutazione fatta dalla casa farmaceutica Moderna, il cui vaccino si basa sulla medesima tecnologia di quello di Pfizer-Biontech. Le ragioni, illustrate in un articolo del 6 gennaio 2021 sulla rivista Jama, sarebbero da rintracciare proprio nella natura degli attuali vaccini.


Coronavirus: ecco quanto ci vuole perché il vaccino faccia effetto


Tante mutazioni per noi irrilevanti

Normalmente quando un virus si diffonde ampiamente in una popolazione ci sono moltissime variazioni che si manifestano nelle numerose replicazioni. Nella maggior parte dei casi sono mutazioni che non cambiano la funzione del virus e la situazione. Ad esempio, alla data del 16 dicembre risultano circa 4mila mutazioni del Sars-Cov-2, in particolare nella proteina spike, rilevate nelle varie fasi dall’inizio della pandemia ad oggi, stando a un articolo sul British Medical Journal (Bmj), ma la quasi totalità consiste in variazioni non significative e preoccupanti.

Perché i vaccini potrebbero mantenere la loro efficacia

Le due varianti scoperte nel Regno Unito e in Sudafrica sono leggermente differenti rispetto al mare di altre alterazioni del virus, dato che queste due possono renderlo più contagioso. Agiscono infatti su una parte della proteina spike che può influenzare anche il legame con il recettore delle cellule Ace2 (attraverso cui avviene il contatto fra il virus e le nostre cellule) e dunque la replicazione del virus. Nel caso della variante B117 si è parlato di un aumento fino al 70% della trasmissibilità. Il punto, però, chiarito su Jama, è che gli attuali vaccini sono costruiti in modo tale da indurre una risposta immunitaria che copre l’intera proteina spike e non solo la parte incriminata. Per queste ragioni,si legge su Jama, “l’auspicio è che possa esserci ancora una protezione efficace nonostante queste poche variazioni nei siti antigenici delle varianti del Sars-Cov-2”. Dunque, i vaccini potrebbero coprire anche la B117 e la nuova mutazione, rintracciata in Sudafrica e chiamata in sigla 501.V2.


Coronavirus, tutto quello che sappiamo sulla variante sudafricana


E se nel tempo i vaccini diventassero meno efficaci?

Anche fronte di queste osservazioni teoriche, comunque, l’allerta rimane elevata. Anche perché non abbiamo la certezza assoluta che queste mutazioni non influiscano sul vaccino ora oppure anche in futuro, come spiega in un articolo su Vox Rino Rappuoli, microbiologo che sta studiando le nuove varianti, docente all’Imperial College e capo scienziato presso Gsk.

A tal proposito, ad esempio, le case farmaceutiche Pfizer e Biontech hanno sottolineato che sono in grado di cambiare rapidamente il vaccino e che “in linea di principio la bellezza della tecnologia a mRna [su cui si basa anche il vaccino di Moderna ndr] è che possiamo cominciare a progettare direttamente un vaccino che imiti completamente questa nuova mutazione e potremmo produrlo entro sei settimane” e il processo di autorizzazione potrebbe essere più breve. Insomma, potremmo essere preparati in tempi rapidi anche a fronte di cambiamenti più o meno significativi del virus.

Via Wired.it