Siringhe di insulina: addio. Molto presto infatti, il trattamento per il diabete giovanile avverrà grazie all’utilizzo di un pancreas artificiale, un sistema automatico con sensori capaci di monitorare la glicemia in circolo, un microinfusore che inietta l’insulina all’occorrenza e un cellulare provvisto di un algoritmo di controllo che stabilisce quando bisogna somministrare l’ormone. A sviluppare il dispositivo è stato un team di ricercatori della University of Virginia (Uva) e di Harvard, che oggi, dopo anni di studi, è pronto al grande passo: sperimentare il pancreas artificiale direttamente nelle case dei pazienti, per un periodo di sei mesi. La ricerca, a cui collabora anche l’Università di Padova, testerà il sistema su 240 pazienti tra gli Stati Uniti e l’Europa, con l’obiettivo di dimostrarne la sicurezza e l’efficacia.
Il pancreas artificiale non è un nuovo organo sintetico, ma un sistema per il rilascio automatico dell’insulina pensato per mimare la regolazione del glucosio che avviene nell’organismo di una persona sana. Nei pazienti colpiti da diabete di tipo 1 il sistema immunitario attacca e distrugge infatti le cellule produttrici di insulina, l’ormone necessario per regolare i livelli glucosio nel sangue. Per questo motivo, i pazienti devono monitorare costantemente i livelli di glucosio nel sangue e, se necessario, auto-somministrarsi le dosi di insulina. “Il nostro obiettivo principale – spiega Boris Kovatchev, ricercatore della University of Virginia che parteciperà alla sperimentazione – è quello di stabilire un nuovo paradigma nel trattamento del diabete”.
Il sistema di pancreas artificiale è infatti progettato per fornire i livelli adeguati di insulina non solo reagendo ai cambiamenti fisiologici del corpo, ma anche prevedendo in anticipo i livelli di glucosio nel sangue. Non una cura per il diabete, sottolineano i suoi inventori, ma un mezzo per migliorare realmente la qualità di vita dei pazienti.
Nel primo dei due trial clinici in programma, 240 pazienti con diabete di tipo 1 metteranno alla prova la sicurezza e l’efficacia del pancreas artificiale per sei mesi, mentre svolgono le loro normali attività quotidiane. Il secondo studio coinvolgerà invece 180 pazienti che hanno completato il primo trial per altri sei mesi, per testare l’algoritmo di controllo sviluppato dal team di Harvard, il “zone Mpc” (zone model predictive control), in grado di definire un intervallo accettabile dei livelli di glucosio e di tutte le variabili per rimanere all’interno di tale range.
“La sfida nella progettazione del pancreas artificiale è l’incertezza insita nel corpo umano”, conclude Francis J. Doyle III, ricercatore di Harvard che ha coordinato lo sviluppo del dispositivo.“Giorno per giorno, ora per ora, le varie sollecitazioni del corpo umano cambiano il modo in cui risponde al controllo del glucosio, come stress fisico, ansia, sbalzi ormonali. Per essere in grado di controllare questi fattori abbiamo bisogno di analizzare i dati provenienti da intervalli più lunghi. Questo è il primo studio in cui ci troveremo di fronte a periodi di sperimentazione più lunghi, grazie ai quali potremo effettivamente avere un quadro più dettagliato, per adattare e perfezionare gli algoritmi e migliorare il livello di controllo generale del glucosio”.
Ho 69 nove anni e all’improvviso 3 anni fa sono stata colpita da diabete autoimmune Mi sarebbe piaciuto far parte della sperimentazione Spero che la ricerca faccia progressi anche per il diabete
D’accordo con la signora Maria, spero anch’io che si possa finalmente arrivare ad un organo artificiale che metta fine alle iniezioni!