Occhi aperti sul capitalismo digitale

    Dan Schiller
    Capitalismo digitale. Il mercato globale della rete
    Università Bocconi Editore, 2000
    pp. 271, lire 39.000

    L’economia digitale, il controllo dell’etere e delle tecnologie che permettono a tutti noi di accedere alle informazioni sul mondo che ci circonda, è ormai il nodo nevralgico del sistema industriale e finanziario mondiale. L’Information and Communication Technology sta rivoluzionando sotto i nostri occhi tutta la società, ma grazie a quali regole? È proprio di questi giorni la notizia che l’autorità Usa per il controllo sulle comunicazioni (Fcc) ne sta elaborando di ancora più permissive per le fusioni delle società multimediali. Mentre il processo di appello contro la Microsoft si è risolto in un’assoluzione. Un’analisi radicalmente scettica sul futuro della Rete è al centro del documentatissimo saggio di Dan Schiller, professore alla Ucla University di San Diego. Capitalismo digitale può essere letto come un compagno ideale al libro di Tim Berners-Lee sullo sviluppo del world wide web (T. Berners-Lee, L’architettura del nuovo web, Feltrinelli, 2001, vedi Galileo Magazine 26 maggio 2001). Due racconti opposti sulla rivoluzione delle telecomunicazioni. Per Schiller, l’innovazione tecnologica e l’accesso agli ultimi servizi multimediali sono stati costantemente incoraggiati dal governo federale statunitense attraverso una radicale politica liberista, proposta poi al resto del mondo come modello da seguire. L’obiezione a questa serie di scelte politiche è però molto netta e ben raccontata, con una mole di dati impressionanti e aggiornati. L’ultima parte del libro racconta come l’invadenza della pubblicità e delle sponsorizzazioni metta a rischio la qualità e l’indipendenza di un sistema chiave come quello universitario.

    Se al principio il liberismo nelle infrastrutture delle telecomunicazioni ha costantemente incoraggiato le grandi industrie, penalizzando tutti gli operatori piccoli e medi, prima all’interno degli Usa e poi nel resto del mondo, oggi l’avanzata del capitalismo digitale sembra inarrestabile. Alla fine degli anni Ottanta pochi gruppi sono riusciti a controllare tutto il complesso di infrastrutture e l’hardware necessario al traffico fisico dei dati e delle informazioni. Nel corso degli ultimi tempi abbiamo assistito all’invasione delle stesse aziende nel campo della produzione vera e propria delle informazioni. La massiccia deregulation americana ha praticamente eliminato qualsiasi concorrente. Software e hardware, cavi transoceanici, reti aziendali, produzione di periferiche, gruppi editoriali, produzione, distribuzione e promozione cinematografiche, reti televisive via etere, via cavo e via satellite, telefonia mobile (analogica, digitale, Wap e nell’immediato futuro Gprs eUmts), tutti questi mercati sono monopolio quasi esclusivo di pochi grandi gruppi verticali “reticolari”. Come siamo arrivati a tutto questo? Quali sono state le mosse del “capitalismo digitale”? Cosa ha fatto la politica per sostenere o contrastare certe scelte economiche? Chi ne trae vantaggio e chi invece paga il dazio di queste scelte? È possibile trovare una risposta a tutte queste domande leggendo questo libro impegnativo. Un lavoro importante che, nonostante un editore non di primo piano, dovrebbe trovare posto nello scaffale di chi crede ancora nella Rete come possibilità democratica per la produzione e la circolazione delle idee. Corriamo seriamente il rischio che questo sogno si infranga per sempre. Dietro i discorsi sulle tariffe e sui crescenti costi di implementazione, si delinea un mercato chiuso, dove pochi grandi attori si contendono l’accesso al cuore del nostro tempo: la comunicazione. Come recita José Saramago, citato nell’incipit del libro, “Oggi più che mai la ragione deve essere vigile”.

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