Offresi lavoro nell’Ict

    L’invasione delle nuove tecnologie in Italia è ormai evidente. Una famiglia italiana su tre possiede un computer. E il mercato delle imprese informatiche e di telecomunicazione tende a espandersi a ritmi velocissimi. Quello dell’Information & Communication Technology (Ict), infatti, è un settore che negli ultimi anni ha fatto registrare elevati tassi di crescita, favorendo così l’occupazione e la nascita di nuove imprese. Nel 2000 si contano 67 mila imprese con più di 533 mila addetti.

    E’ quanto emerge dal Terzo Rapporto 2001 sull’Occupazione nell’Informatica e nelle Telecomunicazioni, realizzato da Assinform (l’Associazione nazionale delle principali aziende di informatica e telecomunicazioni) in collaborazione con Unioncamere, la Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università di Milano Bicocca e Net Consulting. Lo studio, che analizza in dettaglio le imprese e gli addetti del settore Ict, ha messo in evidenza non solo le dinamiche quantitative, ma anche gli aspetti legati alla gestione delle risorse umane. Saranno i singoli lavoratori, infatti, la chiave dell’intero processo: dovranno impegnarsi in un costante aggiornamento per non restare esclusi da un mercato sempre più regolato e dominato dalle nuove tecnologie.

    Dal 1998 al 2000 le imprese italiane Ict sono passate da 62 mila a 67 mila con un tasso di crescita del 4,7 per cento. Un incremento superiore a quello medio degli altri Paesi europei e anche degli Stati Uniti. Si tratta soprattutto di ditte individuali. Lo scorso anno, infatti, le aziende di questo tipo sono cresciute del 20 per cento, le società di capitali dell’8, quelle di persone dell’1 per cento e le altre forme giuridiche del 5. Le prime sono cresciute soprattutto nel settore hardware e dell’assistenza tecnica (più 47 per cento) a testimonianza del fatto che le barriere all’entrata per singoli consulenti sono sempre meno elevate; il numero delle società di capitali invece è aumentato principalmente nel campo delle telecomunicazioni (più 12 per cento).

    Dati sorprendenti emergono dalla disposizione geografica di questi cambiamenti. Rispetto al ‘98, infatti, l’incremento del numero delle imprese a fine 2000 vede piazzata bene l’Italia meridionale, con una crescita tra il 10 e il 15 per cento in tutta l’area che va dalla bassa Campania alla Basilicata e alla Puglia. E’ la città di Lecce a registrare il massimo aumento a livello nazionale, con un significativo più 21,4 per cento. Per quanto riguarda il Nord, le migliori performance sono nel Nordest, nell’area del Brenta, e soprattutto in Friuli, dove nell’area di Udine e Pordenone si registrano tassi di crescita tra il 15 e il 20 per cento.

    Ma come tutti questi dati influiscono sul mondo del lavoro? Nel 2000 il numero degli addetti in questo settore è risultato pari a 533 mila, cioè il 3,7 per cento in più rispetto all’anno precedente e il 2,5 per cento degli occupati italiani. Le maggiori occasioni di lavoro si concentrano nel settore software e servizi, dove gli addetti sfiorano la metà del numero complessivo dei dipendenti di tutte le aziende italiane di Ict. L’hardware e l’assistenza tecnica contano circa 56.500 addetti, pari al 10,6 per cento degli occupati complessivi. In calo il settore la percentuale dei lavoratori nelle tlc: dal 33,7 per cento del 1999 al 32,8 per cento del 2000.

    E’ evidente, secondo quanto emerge dal rapporto, che la forte espansione del mercato Ict si traduce in una crescente domanda di lavoro altamente qualificato. Nella Net Industry il concetto di dipendente, infatti, viene sostituito da quello di “risorsa umana”, intesa come competenza da sviluppare e motivare. Il lavoratore del futuro quindi dovrà essere un knowledge worker, ovvero un operatore di conoscenza. Dovrà essere mobile, cosciente del proprio valore, desideroso di accrescere le proprie competenze e di essere riconosciuto e compensato dall’azienda. Una figura professionale capace di integrare le conoscenze di Internet, le competenze tecniche e la capacità di business. Tende a diventare sempre più marcata, quindi, la relazione tra crescita occupazionale e nuove professioni. In altre parole: chi non vuole restare indietro deve specializzarsi.

    Le imprese, quindi, si trovano ad affrontare un serio problema di riqualificazione del personale e di formazione di base dei giovani disoccupati, da svolgere soprattutto a livello locale. Ma il problema è più ampio e chiama in causa anche il mondo della formazione (università, scuole, centri formativi e così via). Al quale è richiesto un continuo rinnovo dei programmi didattici e un costante dialogo con le imprese. Le istituzioni, poi, dovrebbero supportare la riqualificazione delle risorse umane con azioni mirate e adeguate.

    LASCIA UN COMMENTO

    Please enter your comment!
    Please enter your name here