Ogm, dalla soia allo stomaco

Frammenti del Dna di piante ogm potrebbero essere trasmessi ai batteri dell’apparato digerente umano. Lo ha dimostrato una ricerca dell’Università di Newcastle, commissionata dalla Food Standards Agency (Fsa), un’agenzia governativa britannica incaricata di tutelare gli interessi dei consumatori in campo alimentare.

Nel corso della ricerca due gruppi di volontari hanno ingerito cibo contenente soia ogm: un gruppo comprendeva sette persone cui in passato il colon era stato asportato e sostituito da un contenitore artificiale, l’altro 12 soggetti con un intestino completo. I ricercatori hanno quindi osservato che, nei soggetti privi del colon, frammenti relativamente grandi del Dna modificato erano sopravvissuti al passaggio attraverso la parte superiore nello stomaco ed erano presenti in alcuni dei batteri prelevati dalle feci.

Nel secondo gruppo, invece, nessun frammento di Dna è stato rinvenuto, segno che esso viene eliminato nel colon. Gli ogm contengono geni resistenti agli antibiotici, utilizzati come marcatori: se il Dna di questi marcatori dovesse passare ai batteri dello stomaco, potrebbe influenzare la resistenza agli antibiotici più diffusi.

Secondo le associazioni ambientaliste, come l’inglese Friends of Earth, dopo questa ricerca l’utilizzo di marker genetici resistenti agli antibiotici dovrebbe essere immediatamente vietato. Diametralmente opposta l’interpretazione dell’esperimento da parte della Fsa, secondo cui la ricerca mostra che in condizioni reali nessun gene modificato sopravvive al passaggio attraverso l’intero tratto digerente, e che la probabilità che Dna funzionante proveniente dai cibi rimanga effettivamente nell’organismo umano è estremamente bassa. (n.n.)

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