Categorie: Spazio

Orionidi: ottobre di stelle cadenti

Se quest’estate vi siete persi le stelle cadenti di agosto, le Perseidi, potete rimediare tra la notte tra sabato 20 e domenica 21 ottobre. Il prossimo weekend infatti la Terra si troverà ad attraversare il punto più denso dello sciame meteorico delle Orionidi, resti della più famosa delle comete, quella di Halley

Nel percorrere la sua orbita, la cometa  – che attraversa la volta celeste ogni 75 (o 76) anni, la prossima nel 2061 – lascia infatti alcuni detriti. Quando la Terra vi passa attraverso, questi si infiammano a contatto con la sua atmosfera, brillando nel cielo come stelle cadenti. Per il prossimo weekend di questi fenomeni ne sono attesi a dozzine, forse anche di più, come racconta a Space.com Bill Cooke, del Meteoroid Environment office dello Space flight center della Nasa di Huntsville (Alabama). 

Le Orionidi infatti, così soprannominate perché sembrano avere origine da Betelgeuse, la seconda stella più luminosa della costellazione di Orione, appartengono a uno degli sciami più spettacolari osservabili dalla Terra. Da 2006 circa, spiega Cooke, quella delle Orionidi è stata una delle più intense piogge meteoriche, arrivando a contare anche 60 eventi nel giro di un’ora. E non sono l’unico regalo lasciato dalla cometa di Halley, che a maggio è responsabile di un’altra pioggia di meteore, le Eta Acquaridi

Quest’anno inoltre le osservazioni non saranno neanche tanto disturbate da nostro satellite, che dopo laLuna nuova del 15 ottobre raggiungerà il primo quarto il 22. Per le osservazioni, così come con le Perseidi di agosto, non è necessario nessun telescopio e nemmeno rimanere svegli nella notte proprio tra sabato e domenica. Il fenomeno infatti, pur giungendo al suo culmine tra il 20 e il 22, interesserà sia i giorni precedenti che quelli successivi. Basterà restare con il naso all’insù, dalla mezzanotte circa, come scrive l’ Unione astrofili italiani, e guardare in direzione di Orione ( Betelgeuse per la precisione), la costellazione che trovandosi in prossimità dell’emisfero celeste è visibile pressoché da quasi tutta la Terra.

Via: Wired.it

Credits immagine: Brocken Inaglory/Wikipedia

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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