Tecnologia

Un pannello “solare” per sfruttare il freddo dell’Universo

Un pannello “solare” per produrre energia, ma al buio. Sembra un controsenso, ma è invece il frutto del lavoro di un gruppo di ricerca dell’American Institute of Physics (AIP) pubblicato su Applied Physics Letters. Utilizzando le stesse basi teoriche della produzione di energia solare, infatti, i ricercatori hanno messo a punto un dispositivo capace di sfruttare la differenza di temperatura esistente tra lo Spazio profondo e la superficie terrestre.

Il pannello “solare”

Il dispositivo in questione si basa sul principio dell’illuminazione negativa: mentre un normale pannello solare è azionato dalle radiazioni luminose che ne colpiscono la superficie, questo strumento funziona in modo diametralmente opposto. È costituito da uno specchio ricurvo, simile a una parabola, in grado di captare il trasferimento delle radiazioni termiche dalla superficie dello specchio stesso (più caldo) verso lo Spazio aperto (più freddo) e indirizzarlo verso un fotodiodo che, sulla base di questo gradiente, genera corrente elettrica.

Per ora la quantità di energia prodotta è di appena 64 nW per metro quadrato: è poco ma, come riporta Masashi Ono, uno degli autori, “la quantità di energia che possiamo generare con questa metodologia è, al momento, molto inferiore alle sue potenzialità teoriche”. Infatti, considerando che la temperatura dello Spazio profondo si approssima allo zero assoluto (-270°C), gli autori, proseguendo con gli studi, sperano di poter sfruttare sempre più efficacemente questa enorme differenza di temperatura tra l’Universo ed il nostro Pianeta.

Foto: Masashi Ono

Prospettive future

L’evoluzione tecnologica di questo prototipo potrebbe però condurre anche ad applicazioni più “terrene”; basti pensare a quanto calore viene disperso durante il funzionamento di macchinari industriali. Diverse sono le ricerche volte a comprendere come trasformare il calore dissipato in energia elettrica. Secondo gli autori, con i dovuti adattamenti, questo dispositivo potrebbe essere applicato anche a questo scenario.

Riferimenti: Applied Physics Letters

Articolo prodotto nell’ambito del Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara

Stefano De Cesare

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