Paralisi senza coscienza

Accade spesso che chi subisce delle lesioni all’emisfero destro del cervello resti plegico e non possa più muovere la parte sinistra del corpo. E, cosa strana ma vera, succede anche che alcuni di questi pazienti non abbiano consapevolezza di queste lacune motorie. Colpa dell’anosognosia, un disturbo noto dall’inizio del Novecento ma di cui finora non erano state individuate le aree cerebrali responsabili: si tratta delle regioni pre-motorie 6 e 44 di Brodmann e della corteccia somato-sensoriale. La scoperta si deve a uno studio tutto italiano, pubblicato sulla rivista Science, al quale hanno preso parte i ricercatori del dipartimento di Psicologia e Centro per le Scienze cognitive dell’Università di Torino, del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano Bicocca e di quello dell’Università di Pavia. L’identificazione delle regioni coinvolte nell’anosognosia si inserisce nel dibattito storico sulla coscienza. Ancora oggi gli esperti sono divisi: ci sono quelli che credono abbia una struttura unitaria e coloro che invece la vogliono distribuita. “Secondo i primi la coscienza risiede in un’unica area, la ghiandola pineale, per cui una lesione in questa regione comprometterebbe tutte le funzioni legate alla consapevolezza”, spiega Annamaria Berti del dipartimento di Psicologia e Centro per le Scienze cognitive dell’Università di Torino. “Ma non è così. Nei casi in cui l’anosognosia è accompagnata dal neglect, un disturbo nel quale, dopo la lesione all’emisfero destro, il paziente non prende più in considerazione lo spazio alla sua sinistra, la consapevolezza dei disturbi neglect è integra ma manca quella dei disturbi motori. Ciò contrasta con l’idea di una coscienza unitaria”. Varie altre false credenze hanno rallentato lo studio e la conoscenza dell’anosognosia. Anche i neurologi, infatti, per molto tempo hanno creduto che fosse legata, come il neglect, alle lesioni del lobo parietale per cui, mancando la consapevolezza spaziale a sinistra il paziente non aveva neanche quella motoria. “Ma ciò non spiega quei rari casi in cui il disturbo si presenta da solo”, continua Berti. “Inoltre aveva preso piede anche l’idea che l’anosognosia fosse legata a un meccanismo psicologico: i pazienti negano il problema come forma di autodifesa e i danni cerebrali non c’entrano. Ma allora come mai l’anosognosia si verifica solo quando ci sono lesioni all’emisfero destro del cervello?”. Per capirne di più i ricercatori hanno diviso in tre gruppi 30 pazienti cerebrolesi all’emisfero destro e con plegia a sinistra: 17 avevano anosognosia e neglect, 12 solo neglect e uno solo anosognosia. Per prima cosa hanno mappato attraverso la risonanza magnetica le lesioni dei pazienti del primo gruppo e le hanno sovrapposte dando vita a un’unica immagine dalla quale erano visibili le aree associate a entrambi i disturbi. La stesso procedimento è stato effettuato con il gruppo di pazienti affetti solo da neglect. Il passo successivo è stato quello di sottrarre alle mappe cerebrali del primo gruppo quelle del secondo per individuare chiaramente le aree colpite nell’anosognosia. Così sono state individuate le regioni pre-motorie del lobo frontale. “E’ interessante aver scoperto che il controllo e la coscienza delle azioni risiede nelle stesse aree responsabili della produzione dei movimenti. Ancora una prova che la coscienza non è localizzata in un’area unica”, commenta l’autrice. La speranza ora è quella di riuscire, in base alle nuove informazioni acquisite, a riabilitare i pazienti plegici che soffrono di questi disturbi e che sono i più difficili da recuperare. “Gabriella Bottini, che ha preso parte allo studio, ha rilevato che inserendo acqua fredda nell’orecchio sinistro di pazienti anosognosici e neglect, si ottiene un riflesso oculare che arriva fino alla corteccia e per 20 minuti si riattiva la rappresentazione spaziale a sinistra e anche l’anosognosia migliora”, conclude Berti. “Alcuni ricercatori francesi, invece, utilizzando degli occhiali prismatici che manipolano le coordinate viso-motorie, hanno ottenuto risultati più stabili sia per il neglect che per l’anosognosia. La strada giusta, dunque, è intervenire nei punti adiacenti alle aree lesionate”.

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