Categorie: Salute

Parkinson, è meglio muoversi

Muoversi. E farlo insieme ad altre persone, mantenendo i legami sociali e migliorando l’umore. È una delle strategie da mettere in atto per chi convive con la malattia di Parkinson. Lo consiglia la ricerca, oltre che il buon senso: le persone con Parkinson che praticano uno sport riducono del 70 per cento il rischio di cadute, che sono la più comune causa di accesso al Pronto soccorso, conferma uno studio su Neurology. E ci crede fermamente anche uno che ha fatto dell’attività fisica una scelta di vita. È il ginnasta e campione olimpico Jury Chechi, chiamato a fare da testimonial della Giornata Nazionale Parkinson 2015 il prossimo 28 novembre, promossa dall’Accademia LIMPE-DISMOV (qui il video dello spot). Malattia che colpisce in Italia circa 250 mila persone, con 6000 nuovi casi ogni anno, di cui un quarto di età inferiore ai cinquant’anni.

“Il movimento fa bene al cervello – spiega Pietro Cortelli, del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna – mentre la sua assenza crea staticità, e impedisce ai circuiti neuronali di adattarsi a situazioni nuove. Il movimento è una palestra per tutto l’organismo, promuove il benessere emotivo, fornisce nuove motivazioni al paziente”. E questo i neurologi lo sanno da tempo. Il problema, continua Cortelli, è trasportare la teoria dei laboratori di ricerca nella pratica quotidiana dell’ambulatorio. È per questo che Pietro Marano, dell’Università Gabriele D’Annunzio Chieti-Pescara, e direttore dell’Unità Operativa di Riabilitazione Casa di cura Villa dei Gerani di Catania, ha raccontato i risultati dell’esperienza pilota del progetto Parkinson Lab 360, promosso insieme ad Azione Parkinson Catania con il sostegno di Abbvie, partito nell’aprile del 2014 e ora giunto a compimento.

“Abbiamo chiesto a un gruppo di persone di diverse età e a diversi stadi di malattia di Parkinson di partecipare insieme ai loro caregiver a un percorso di 30 ore di attività suddivise in cinque giornate”, racconta Marano. A seguire i pazienti un team multispecialistico composto da logopedisti, assistenti sociali, neuropsicologi, fisioterapisti. E il campione Jury Chechi a fare da allenatore. Allenamenti e attività sul tappetino, a corpo libero, ma anche in acqua. E poi qualche passo di danza, canto, passeggiate all’aria aperta. I risultati sono stati positivi, anche se ottenuti su un campione assai ridotto di persone con Parkinson. “I pazienti riuscivano a parlare in modo più corretto, imparando strategie per gestire i gap deglutitorio che dà difficoltà di parola”, spiega Marano. I cinque giorni hanno influito positivamente sul tono dell’umore generale, i pazienti si dimostravano più sereni e rilassati, socievoli. Ma gli effetti benefici erano evidenti anche sui caregiver: meno nervosi, meno tesi, meno “arrabbiati” con la malattia e con i loro cari. Un esperimento che sarebbe bello esportare in molte realtà, continua Marano, se solo il federalismo sanitario e le ristrettezze del ssnnon lo rendesse assai complicato.

In occasione della Giornata Nazionale Parkinson circa 90 strutture sanitarie saranno a disposizione dei pazienti e dei caregiver. I medici specialisti daranno informazioni sulla diagnosi e terapia della malattia, e sarà possibile partecipare ad eventi (spettacoli teatrali, concerti, mostre) e incontri di formazione e confronto organizzati su tutto il territorio nazionale.

Credits immagine: Nicholas Mitchell/Flickr CC
Elisa Manacorda

Giornalista, è direttrice di Galileo, che ha fondato nel 1996 con altri giornalisti e ricercatori. Scrive di scienza e tecnologia per le principali testate italiane. E’ docente al Master SGP della Sapienza Università di Roma, collabora con il Master in Comunicazione della Scienza dell'Università di Ferrara. Con Letizia Gabaglio è autrice di "Il Fattore X" sulla medicina di genere.

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