Particelle e Universo

Si parla spesso delle due frontiere della fisica, quella delle piccole dimensioni e quella delle grandi distanze. Il continuo progresso scientifico e tecnologico ha fornito metodi di misura e strumenti che hanno permesso di osservare oggetti sempre più piccoli a distanze sempre più grandi. Le due frontiere si sono quindi sempre più allontanate dall’esperienza comune. La frontiera delle piccole distanze si pone, oggi, a meno di un milionesimo di miliardesimo di centimetro (10-15 cm), mentre quella delle grandi distanze è posta a circa dieci miliardi di miliardi di miliardi di centimetri (1028 cm). L’intervallo di distanze esplorate è di circa 43 ordini di grandezza, un intervallo enormemente più grande di quello apprezzabile dall’uomo primitivo (1234).

Lo studio dell’”estremamente piccolo” (microcosmo), si prefigge di comprendere la struttura della materia, cioè di arrivare a vedere i suoi “mattoni fondamentali” (gli “atomi di Democrito”) e a capire le forze che li tengono insieme. Verso la fine del secolo scorso si pensava di aver individuato questi “mattoni” negli atomi; ma ci si accorse ben presto che era stato usato il nome di indivisibile (atomo, dal greco) per oggetti che non meritavano tale nome. Dopo la seconda guerra mondiale, sono state chiamate “particelle elementari” entità più piccole, molte delle quali, però, non sono affatto elementari. Oggi si parla, piuttosto, di “costituenti ultimi”, come l’elettrone e i quark.

Lo studio del macrocosmo ha come scopo principale quello di riuscire a capire com’è fatto l’Universo. Si può pensare che i “mattoni” fondamentali dell’Universo, su grande scala, siano le “galassie”, nome dato ad agglomerati di circa cento miliardi di stelle. Le galassie formano ammassi e superammassi, posti ai bordi di grandi spazi vuoti della dimensione di centinaia di milioni di anni luce. La forza dominante nel macrocosmo è quella gravitazionale: essa tiene legata la Luna alla Terra, la Terra al Sole, il Sole alla galassia, la nostra galassia ad altre galassie.

Ogni tanto si afferma che si è giunti alla fine della ricerca fisica, perché “conosciamo già tutto quello che c’è da conoscere”. Ma, ogni volta che sono state fatte affermazioni di questo tipo, subito dopo sono arrivate nuove scoperte e si sono nuovamente allargati gli orizzonti della conoscenza. Per esempio, sul finire del secolo scorso lord Kelvin parlò di “fine della fisica”, poco dopo è arrivato Einstein con la sua “relatività” e, in breve successione, la rivoluzione della meccanica quantistica. In realtà, la scienza avanza non tanto per “rivoluzioni”, quanto piuttosto, per progressive invasioni del “noto” sull’ignoto. Probabilmente, oggi siamo in una situazione simile, ma siamo consapevoli di essere ancora molto lontani da una completa conoscenza del mondo fisico.

Richiameremo brevemente lo stato attuale della conoscenza fisica ed elencheremo i molti punti ai quali manca, attualmente, una risposta; risposta che potrebbe arrivare, anche presto, da nuove teorie, la cui validità sarà, però, giudicata solo attraverso la necessaria conferma sperimentale. Gli esperimenti per le indagini sul microcosmo dovranno avvalersi di acceleratori con energie sempre maggiori, oltre che di tutto ciò che la natura può mettere a disposizione, come radiazioni naturali di vari tipi, da studiare con esperimenti sempre più fantasiosi, allestiti, per esempio, in laboratori sotterranei o su stazioni spaziali. Per il macrocosmo, occorreranno telescopi sempre più grandi e dovranno svilupparsi nuovi tipi di “astronomie”.

Il Modello Standard del microcosmo. Esiste il bosone di Higgs?

Per il cosiddetto Modello Standard (MS) del microcosmo i costituenti ultimi della materia sono i quark e i leptoni, particelle puntiformi con spin semintero (fermioni), che possiamo considerare gli oggetti più piccoli oggi conosciuti. I quark e i leptoni possono essere raggruppati in tre famiglie e sembra che la materia terrestre sia composta solo da particelle della prima di queste. Le particelle della seconda famiglia possono essere prodotte in collisioni di alta energia per un processo di trasformazione di energia in materia. La seconda e la terza famiglia possono essere anche considerate come repliche della prima.Le particelle interagiscono attraverso quattro forze fondamentali, l’interazione debole, l’elettromagnetica, la forte e la gravitazionale: (quest’ultima è trascurabile al livello submicroscopico attuale). Le quattro forze sono molto diverse, ma le differenze fra loro diminuiscono all’aumentare dell’energia delle particelle interagenti. A energie superiori ai 100 GeV si ha unificazione fra interazione debole e elettromagnetica per cui si parla di “interazione elettrodebole”.

Il Modello Standard è la teoria che descrive l’interazione elettrodebole e l’interazione forte. Tutti i dati sperimentali oggi disponibili sono in ottimo accordo con le previsioni di questo Modello. Tuttavia, manca ancora all’osservazione una particella fondamentale, il bosone di Higgs. Questa particella è ritenuta responsabile della massa di tutte le particelle ed anche della “separazione”, alle basse energie, dell’interazione elettrodebole in “elettromagnetica” e “debole”. Il bosone di Higgs sarebbe, quindi, una particella veramente fondamentale.La ricerca del bosone di Higgs è uno degli scopi principali degli esperimenti attuali in fisica subnucleare. Come già accennato, per esplorare distanze sempre più piccole occorre far avvenire collisioni fra particelle con energie sempre più elevate e ciò è possibile solo con acceleratori di particelle di energia sempre maggiore, cioè con “collisionatori”, coi quali è possibile effettuare esperimenti direttamente nel sistema del centro di massa. Gli esperimenti al collisionatore positrone-elettrone LEP del CERN a Ginevra, al collisionatore protone-antiprotone del Fermilab a Chicago, e al futuro collisionatore protone-protone LHC, ancora al CERN, hanno proprio, come scopo primario, quello di ricercare il bosone di Higgs. Sulla base delle nostre conoscenze pensiamo che si riuscirà a individuare questo bosone entro il prossimo decennio.

Le teorie che vanno “oltre” il Modello Standard del microcosmo

Sebbene tutte le previsioni del Modello Standard siano state verificate con grande precisione, esistono motivi per ritenere che il MS sia incompleto e che rappresenti una teoria valida solo per energie relativamente poco elevate e le motivazioni fondamentali sono le seguenti:

– il modello presenta molti parametri con valori numerici non giustificati teoricamente.
– ha una struttura a 3 famiglie che resta non spiegata.
– non contiene l’interazione gravitazionale.
– non spiega perché la carica elettrica delle particelle sia quantizzata in multipli della carica elettrica del quark, che possiede una carica uguale a 1/3 della carica dell’elettrone.

Per tali motivi e altri ancora, vengono studiati modelli teoricamente più completi che, per le energie più basse, comprendano al loro interno il Modello Standard. In effetti, si cerca di rispondere a domande del tipo seguente:

– i quark e i leptoni sono veramente elementari o sono a loro volta composti da altre particelle? In altre parole, abbiamo effettivamente trovato gli “atomi di Democrito”? Può darsi che la risposta arrivi con gli esperimenti presso i futuri acceleratori; ma potrebbe anche darsi che occorrano energie ancora superiori.
– esiste una simmetria bosone-fermione? Sappiamo che le particelle con spin semintero (i fermioni) sono molto diverse dalle particelle con spin intero ( i bosoni): i fermioni possono essere considerati come particelle materiali, mentre i bosoni fondamentali sono i trasmettitori quantizzati delle varie interazioni (i bosoni sono “particelle forza”). Tuttavia, ci si chiede se esista realmente qualche possibilità di collegare i fermioni con i bosoni. A tal fine sono state proposte le teorie “Supersimmetriche”, secondo le quali a ogni bosone fondamentale corrisponde un partner fermionico da cui differisce di mezza unità di spin, e ad ogni fermione fondamentale corrisponde un partner bosonico: questi partners sono chiamati s-particelle (particelle del “supermondo”). In realtà, non sembra possibile collegare tra loro i fermioni e bosoni fondamentali già noti: pertanto si ritiene che tutti i partners supersimmetrici siano nuove particelle, più pesanti di quelle conosciute. L’esistenza delle s-particelle rappresenterebbe un interessante aspetto di simmetria (la simmetria bosoni-fermioni) e, inoltre, eliminerebbe molte difficoltà come quella legata alla presenza di valori infiniti nei calcoli di certe grandezze fisiche. Per il momento non esistono evidenze sperimentali certe a favore dell’esistenza delle s-particelle, anche se, ogni tanto, si leggono notizie in tal senso.
– si riuscirà ad osservare l’unificazione delle interazioni elettrodebole e forte? Una indicazione a favore della “Grande Unificazione” fra queste due forze fondamentali è legata all’evoluzione con l’energia delle costanti di accoppiamento delle varie interazioni; tale evoluzione lascerebbe intuire che queste costanti tendano ad un valore comune e, quindi, all’unificazione; ciò, comunque, avverrebbe a energia incredibilmente elevata (1015 GeV). Ulteriori indicazioni a favore della possibile “Grande Unificazione” sono fornite dal fatto che in una singola famiglia di particelle fondamentali sono contenuti due quark e due leptoni senza un’apparente spiegazione. Possiamo pensare anche che i quark e i leptoni siano manifestazioni diverse di una stessa particella; ciò porterebbe a ritenere che esista un collegamento profondo fra la forza forte, (che agisce solo fra quark), e la forza elettrodebole, per dare luogo a un’interazione unificata che porterebbe a una transizione da quark a leptone e al conseguente decadimento del protone (decadimento previsto con vita media molto maggiore dell’età dell’Universo).

È possibile effettuare esperimenti che dimostrino tale teoria? Per studiare il possibile decadimento del protone sono stati costruiti grandi rivelatori in laboratori sotterranei (per ridurre il fondo dovuto alla radiazione cosmica). Il più grande di questi rivelatori, con una massa di 50.000 tonnellate, non sembra ancora sufficiente; probabilmente occorreranno rivelatori ancora più grandi.

Le teorie della Grande Unificazione prevedono l’esistenza di particelle dotate di carica magnetica (i “monopoli magnetici”) che si stanno attualmente ricercando, ma finora senza successo, nella radiazione cosmica penetrante, impiegando grandi rivelatori sotterranei. Probabilmente, anche in questo caso, occorreranno rivelatori di dimensioni molto maggiori. Le misure dirette per la verifica della Grande Unificazione andrebbero effettuate a energie intorno ai 1015 GeV, impossibili ora, e non prevedibili neanche per il prossimo futuro. Si tratta, infatti, di energie così elevate che non si riesce ad immaginare un acceleratore in grado di raggiungerle.

Spuntano fuori altri interrogativi:

– potremo mai osservare l’unificazione finale delle 4 interazioni fondamentali, includendo anche la gravità? Per tale osservazione occorrerebbero energie ancora superiori a quelle previste per la Grande Unificazione.
– le particelle fondamentali sono veramente puntiformi? Lo spazio-tempo è veramente a quattro dimensioni? Secondo recenti teorie le particelle non sarebbero puntiformi e sono immaginate come anelli in uno spazio che ha più di quattro dimensioni. Da queste considerazioni, alcuni studiosi teorici sperano di ottenere una “teoria del tutto”.
– i neutrini sono veramente senza massa? Recenti esperimenti che studiano i neutrini “solari” e quelli “atmosferici prodotti dai raggi cosmici”, indicano la possibilità di trasformazione di neutrini di un tipo in quelli di un altro tipo (oscillazioni dei neutrini) (5). In tal caso i neutrini avrebbero masse non nulle; per studiare più a fondo tali fenomeni, si è progettato di inviare un fascio di neutrini dal CERN (Ginevra) al Gran Sasso (L’Aquila).
– esiste il plasma di quark e gluoni? In un certo senso, è strano che i quark formino neutroni e protoni che, a loro volta, formano nuclei ed atomi. Alcune ricerche recenti fatte al CERN, mostrano l’esistenza di situazioni particolari in cui si crea un plasma di quark e gluoni. Le condizioni e le caratteristiche di tale plasma saranno studiate più a fondo con un nuovo acceleratore negli Stati Uniti e, successivamente, con l’LHC al CERN.

Astrofisica e cosmologia

Anche in questo campo abbiamo molti interrogativi:

– è vero che il 99% della massa dell’Universo non è osservabile? In effetti, se la legge di Newton sulla gravitazione è valida anche a grandi distanze, deve necessariamente esistere una grossa quantità di “materia oscura”.

– di che cosa è fatta la materia oscura? Di pianeti come Giove, di stelle molto vecchie, oppure di un gas di particelle submicroscopiche? E, in quest’ultimo caso, di quali particelle si tratta? Se i neutrini avessero massa, seppur piccola, essi potrebbero giocare un ruolo fondamentale in astrofisica e potrebbero giustificare parte della materia oscura. Moltissimi tipi di particelle massive sono, inoltre, già stati ipotizzati per giustificare la massa mancante, in particolare negli aloni delle galassie: per esempio, la particella supersimmetrica stabile (il “neutralino” più leggero), oppure nuclei costituiti da quark u, d, s (“materia nucleare strana”, “nucleariti”), ecc. Si può, quindi, pensare che stia nascendo un nuovo tipo di astronomia, “l’astronomia della materia oscura”.

– Il nostro Universo è costituito solo di materia o comprende zone di antimateria con antipianeti, antistelle e antigalassie? Tutti i dati sperimentali finora raccolti sembrano sottolineare l’assenza di antimateria a livello macroscopico, almeno nella parte di Universo a noi più familiare. La ricerca prosegue e sarebbe sufficiente individuare nella radiazione cosmica un certo numero di antinuclei pesanti per affermare che devono esistere antistelle massicce dentro le quali, partendo da anti-idrogeno, si possono formare tali antinuclei.

L’astronomia che sfrutta le radiazioni elettromagnetiche non visibili, ci ha permesso di osservare un Universo insolito; un Universo più ricco e completo di quello visto con i normali telescopi ottici. Ci si domanda, ora: sono possibili altri tipi di “astronomie”? Attualmente, sta già muovendo i primi passi l’astronomia a neutrini, sono già in costruzione molti rivelatori per osservare le onde gravitazionali e si punta a rivelare diversi tipi di materia oscura.

L’astronomia a neutrini a che punto sta? Diversi esperimenti hanno rivelato neutrini di energia intorno al MeV, provenienti dal Sole (neutrini “solari”). Alcuni rivelatori hanno osservato fiotti di pochi neutrini, con energie di 10-20 MeV, provenienti da un collasso stellare gravitazionale seguito dall’esplosione di una stella (supernova) nella Grande Nube di Magellano (una piccola galassia satellite della nostra via Lattea). Sono ora in preparazione esperimenti più raffinati per lo studio dei neutrini solari ed èstata messa a punto anche una rete mondiale di calcolatori per confrontare le informazioni provenienti da diversi rivelatori sotterranei di neutrini da supernove. Si pensa che rivelatori più grandi, i cosiddetti Neutrino Telescopes, potrebbero aprire la via all’astronomia dei neutrini muonici di alta energia.

Esistono le onde gravitazionali ed è possibile l’astronomia a onde gravitazionali? La teoria della Relatività Generale predice l’esistenza delle onde gravitazionali. Tali onde sarebbero emesse da materia accelerata, esattamente come le cariche elettriche accelerate emettono onde elettromagnetiche. Però, solamente corpi celesti massicci sottoposti ad accelerazioni violente possono emettere intensità apprezzabili di onde gravitazionali. Due astronomi hanno ottenuto il premio Nobel per aver “verificato” che un sistema binario costituito da due stelle vicine di neutroni perde energie in modo compatibile con l’emissione di onde gravitazionali. Un’onda gravitazionale èuna perturbazione dello spazio-tempo che viaggia alla velocità della luce. Al suo passare essa modifica le distanze fra gli oggetti nel piano perpendicolare alla sua direzione di propagazione. Le variazioni di distanze predette sono piccolissime, inferiori alle dimensioni di un protone. Per la loro rivelazione occorrono, perciò, strumenti estremamente sensibili, quali barre risonanti a bassissima temperatura e interferometri laser lunghi parecchi chilometri. Strumenti di questo tipo sono in costruzione in diversi laboratori, anche in Italia. La rivelazione di onde gravitazionali avrebbe conseguenze importanti sia in fisica che in astrofisica, perché rappresenterebbe una verifica della Relatività Generale e aprirebbe una nuova finestra di osservazione connessa a fenomeni violenti nell’Universo. Essa potrebbe dare anche informazioni sui “buchi neri” e sulla teoria della Gravità Quantistica.

Vorremmo anche sapere quale sia la vera natura dei buchi neri, cosa succeda vicino a un buco nero stellare e se, al centro delle galassie, esistano veramente buchi neri molto massivi (con masse dell’ordine di milioni di masse stellari)

Altre curiosità ancora riguardano problemi del tipo:

– da dove vengono i fiotti di raggi x e raggi gamma recentemente captati da molte direzioni dello spazio con rivelatori posti su satelliti? Questi fiotti sembrerebbero provenire da varie sorgenti celesti, alcune galattiche, altre molto fuori della nostra galassia.

– da dove provengono i raggi cosmici di energia molto elevata? Lo spettro energetico dei raggi cosmici che arrivano sulla nostra Terra si estende sino ad energie elevatissime: alcuni, addirittura, superano 1020 eV. Questi raggi cosmici di altissima energia sono intrinsecamente improbabili, e a prima vista, sembrerebbero violare il secondo principio della termodinamica. Infatti, come può essere che da situazioni di particelle con energie relativamente basse, come quelle sulla maggior parte delle stelle, si generino particelle di energia così elevata? Possono esistere oggetti astrofisici specifici, in grado di farlo?

I primi attimi dell’Universo

Negli ultimi decenni sono stati fatti passi enormi sia in astrofisica, che nella cosmologia e nella fisica delle particelle elementari, tanto da poter considerare il modello del Big Bang ormai ampiamente accettato dall’intera comunità scientifica. Secondo tale modello l’Universo ebbe origine con una “esplosione” avvenuta in un punto e immediatamente seguita dal continuo allontanamento di tutte le parti dell’Universo fra di loro. Nei suoi primi attimi, l’Universo doveva presentarsi come un gas caldissimo di particelle elementari in rapida espansione. Per comprendere cosa avvenne allora, è necessaria una profonda conoscenza della fisica delle particelle elementari e delle loro interazioni (6).

Per gli studiosi delle particelle elementari, i primi attimi dell’Universo, in pratica, rappresentano un acceleratore in cui non esistevano limiti né di energia né di costi. Per gli astrofisici, le teorie fisiche rappresentano l’unico approccio per tentare di capire cosa avvenne nei primi attimi dell’Universo e come esso sia andato evolvendo, poi.

Il collisionatore LEP del CERN riproduce in ciascuna collisione elettrone-positrone la situazione tipica delle collisioni che avvenivano nell’Universo un decimo di miliardesimo di secondo (10-10 s) dopo il Big Bang e il futuro acceleratore LHC riprodurrà situazioni tipiche di tempi circa 10 volte inferiori.

Le connessioni fra microcosmo e macrocosmo sono stati capiti e approfonditi a partire dalla fine dell’‘800. Si capì com’era l’atmosfera solare dopo aver compreso la struttura fisica molecolare e atomica. Analogamente, si capì come veniva prodotta l’energia solare quando fu compresa la fisica nucleare e risultò chiaro che la parte centrale del Sole doveva essere una grande centrale termonucleare. Ora, le connessioni sono molte di più, sono più ampie e di tipo fondamentale.

Le grandi intuizioni sui primi attimi dell’Universo e i rapporti fra microcosmo e macrocosmo rappresentano una grande conquista scientifica di questo nostro ultimo secolo. Esistono, tuttavia, ancora moltissimi problemi aperti sia sui primissimi attimi dell’Universo che su moltissimi dettagli della sua evoluzione. Molti di questi problemi sono legati alla mancanza di chiarezza in alcune parti della fisica delle particelle elementari, in particolare, sugli aspetti che vanno oltre il Modello Standard del microcosmo. Altri problemi aperti sono di natura più astrofisica e cosmologica.

Fra i vari altri problemi aperti si possono ricordare quelli riguardanti le galassie. Per esempio, come si sono formate le galassie? Hanno davvero avuto origine da fluttuazioni quanto-meccaniche nei primi attimi dell’Universo? Come evolverà l’Universo stesso? Se la sua densità media fosse inferiore a una certa “densità critica” l’Universo dovrebbe continuare ad espandersi per sempre e le stelle si spegnerebbero, una dopo l’altra. Dovrebbero, poi, accadere fatti nuovi come l’evaporazione dei buchi neri che illumineranno nuovamente l’Universo, per dare luogo, poi, ad un buio sempre più buio e a un freddo sempre più freddo. Se, invece, la sua densità fosse superiore a quella critica, l’Universo dovrebbe collassare e finire in un “Big Crunch” (7)

Conclusioni

Abbiamo fatto un elenco di problemi aperti e, in qualche caso, abbiamo tentato delle previsioni sul tempo ancora necessario per sperare di raggiungere impostazioni teoriche e prevedere possibili verifiche sperimentali.

La lista delle cose da scoprire o da comprendere è molto più lunga di quella da noi presentata ed è molto probabile che, presto, nuove scoperte la allunghino ulteriormente, anche in modo repentino e non sempre prevedibile. Fra i tanti problemi della fisica non ancora risolti possiamo, per esempio, indicare anche quelli riguardanti il vuoto: comprendiamo lo stato di vuoto? esiste veramente il vuoto?

Il concetto intuitivo di vuoto macroscopico è molto semplice ed è quello di uno spazio privo di qualsiasi corpo materiale, ma l’estensione di questo concetto impone che in uno spazio vuoto non esistano particelle di alcun tipo. Sappiamo, però, che, su grande scala, ovunque andiamo, troviamo sempre neutrini cosmici e, su piccola scala, abbiamo effetti quantistici in tutte le zone in cui sono presenti fortissimi campi di forza elettrici, gravitazionali e quelli dovuti all’interazione forte. In tutti questi casi, sono presenti particelle virtuali che, in certe condizioni, possono trasformarsi in particelle reali. Ne deriva che una comprensione più completa del vuoto richiede conoscenze più approfondite sulla sua vera natura e su quella relativa ai molti effetti quantistici.

Altri filoni di perplessità riguardano anche altri versanti della fisica. Per esempio, esistono particelle che viaggiano a velocità superiori a quella della luce nel vuoto (i tachioni)? Esistono varchi temporali (wormholes) che permettano di passare da una zona ad un’altra attraverso “scorciatoie” nello spazio-tempo? Queste possibilità, per quanto fantascientifiche, sembrano ipotizzabili (7). Agli inizi del 900 nessuno avrebbe potuto prevedere, ma neanche solo immaginare come si sarebbe evoluta la scienza negli ultimi 100 anni. Ora, come allora, si può ritenere che: “la natura, senza dubbio, deve avere ancora in serbo qualche sorpresa” (8).

E cosa dire delle ricadute della fisica a livello tecnologico? Nell’ultimo secolo sono state enormi ed hanno anche profondamente cambiato il nostro modo di vivere. Basta pensare alla TV, agli elettrodomestici nelle nostre case, alla microelettronica, alle tante applicazioni biomediche e via di seguito, per rendersi conto di queste ricadute. Nel futuro immediato, si prevede uno sviluppo a mozzafiato dei sistemi di comunicazione via “Internet” e “www” che sono una spettacolare ricaduta a livello tecnologico della fisica fondamentale al CERN. E per il futuro un po’ più lontano? Sicuramente, anche in questo campo avremo parecchie sorprese!

Bibliografia

1) G. Giacomelli, Dal quark al Big Bang, Libri di base, Editori Riuniti, 1988.

2) G. Giacomelli e P. Giacomelli, “La creazione di particelle”, Sapere, 1992.

3) G. Giacomelli, “L’origine degli elementi”, Sapere, giugno 1987, pag. 37.

4) G. Giacomelli e P. Giacomelli, “Produzione di coppie di bosoni W e Z”, Sapere, ag. 1998, pag. 45.

5) G. Giacomelli, Oscillazioni dei neutrini, Sapere. dicembre 1998, pag. 39.

6) G. Giacomelli, Breve storia dell’Universo, Illustrazione del poster, Sapere, dicembre 1981.

7) S. Hawking, Inizio del tempo e fine della fisica, Mondadori (1992).

8) L.H. Ford e T.A. Roman, “Energia negativa: la sfida della fisica”, Le Scienze n.379, marzo 2000, pag.38.

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