Categorie: Spazio

Passaporto di una stella cadente

Nella notte tra il 6 e il 7 ottobre un asteroide di circa quattro metri, battezzato 2008 TC3 ha colpito l’atmosfera terrestre illuminando il cielo del Sudan settentrionale. Una “stella cadente” come tante, se non fosse che è la prima ad essere stata seguita prima, durante e dopo la collisione con l’atmosfera terrestre, e di cui si potrebbe ora determinare l’origine esatta.

Questo “piccolo” oggetto – quattro metri sono irrilevanti se comparati alle masse che hanno probabilmente portato all’estinzione dei dinosauri – è diventato oggi di estrema importanza per gli astronomi. I meteoriti, infatti, sono identificati analizzando lo spettro di radiazioni emesse, ma l’unico modo per correlare un asteroide ai frammenti consiste nel localizzarlo prima che impatti con l’atmosfera e poi seguirne la traiettoria.

Come riportato su Nature da Douglas Rumble del Geophysical Laboratory della Carnegie Institution, 2008 TC3 è stato avvistato il 6 ottobre scorso dai telescopi del Catalina Sky Survey, in Arizona, e seguito successivamente da numerosi osservatori che hanno svolto misurazioni spettrografiche, fino a che non è stato ingoiato dall’atmosfera. Immediatamente il gruppo di recupero guidato da Peter Jenniskens del SETI Institute in California, autore principale del lavoro, e da Muawia Shaddad dell’Università di Kartoum, ha cercato e trovato 47 frammenti dell’asteroide lungo la direttrice d’impatto, nel Sudan settentrionale.

I frammenti analizzati risultano appartenere a un gruppo di meteoriti molto rari, chiamati ureliti (l’identità di un qualsiasi corpo celeste appartenente al Sistema Solare è data dal rapporto tra gli isotopi dell’ossigeno 16,17,18). Poiché lo spettro di 2008 TC3 è stato rilevato prima che impattasse l’atmosfera, la comparazione dei due tipi di dati ci potrà ora permettere di risalire al planetoide da cui potrebbe essersi staccato l’asteroide. Finora il candidato migliore è 1998 KU2, grande circa 2,6 chilometri. (a.d.)

Riferimento: Nature 458, 401-403 (2009) | doi:10.1038/458401a

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