Patenti ai giornali virtuali

Fino a pochi anni fa, due, tre al massimo, il mondo dell’informazione era diviso in tre grandi categorie: giornali e periodici su carta, testate radio televisive, agenzie stampa. Poi, è arrivata Internet. Informazione personalizzata, aggiornamenti continui, ricerche d’archivio on-line e così via. Un nuovo modo per fare giornalismo che si è andato ad aggiungere a quelli classici. Ma il “cyber-giornalismo” è vero giornalismo? Ovviamente sì, verrebbe da dire. Eppure, se ci si confronta con le leggi, i regolamenti, la burocrazia italiana, si vede che la risposta non è così ovvia come sembra. Anzi, in molti casi, i giornalisti on-line vengono considerati dalle istituzioni una sorta di professionisti di serie B.

Iniziamo dall’aspetto più evidente: la registrazione delle testate. La legge sulla stampa attualmente in vigore, la n.47 del 1948, prevede che le testate giornalistiche vengano registrate al tribunale, in un elenco speciale. Altrimenti, dice la legge, “nessun giornale o periodico può essere pubblicato”. Un vincolo che viene riconosciuto in un certo senso anche dalla Costituzione, dove da un lato si dice che la stampa non può essere sottoposta ad autorizzazione, ma dall’altro si rimanda esplicitamente alla legge sulla stampa. E se non si registra la testata, si finisce di diritto nella categoria di “stampa clandestina”, con tutto quello che ne consegue: reclusione fino a due anni e multa fino a 500 mila lire. Ed ecco il primo problema per i giornali on-line. Nei registri del tribunale possono essere registrate solo le testate su carta o, come ha stabilito un’altra legge (questa volta del 1975), i telegiornali e i giornali radio. Internet resta fuori: dal punto di vista della legge, il giornalismo on-line non esiste, anche se in alcuni casi sono state usate delle scappatoie: la registrazione viene fatta per un giornale su carta, che poi ha anche una versione in rete. Questo è lo stato attuale della legge, ma proprio di recente c’è stato un importante passo in avanti. In mancanza di una norma, è arrivata una ordinanza del tribunale di Roma, che è destinata a rimanere nella ancora breve storia del giornalismo in rete.

Il 6 novembre 1997, il tribunale di Roma ha ammesso per la prima volta una rivista telematica, Interlex nel registro della stampa. Che la registrazione sia stata “sofferta” è testimoniato dal fatto che il tribunale ha impiegato ben sette mesi per decidere, contro i quindici giorni usuali. E la sentenza del tribunale, che sicuramente sarà utilizzata come precedente per altre registrazioni, è decisamente innovativa, visto che stabilisce anche quali sono le caratteristiche del giornalismo telematico. Dice per esempio che il giornalismo on-line “possiede sia il requisito ontologico sia quello finalistico relativo alla diffusione delle notizie”. Ossia, i giornalisti on-line non hanno nulla da invidiare, dal punto di vista professionale, a tutti gli altri. E infine, il tribunale di Roma si sofferma anche a spiegare che cosa è Internet (testo integrale della sentenza).

Manlio Cammarata, direttore responsabile di Interlex, racconta come è andata la “sfida”, vinta, con il tribunale. “In realtà avevamo un precedente da sfruttare, anche se solo in parte, per ottenere la registrazione di un periodico non cartaceo. Qualche anno fa, il tribunale di Roma aveva previsto, con una circolare, la registrazione dei servizi videotel e auditel, inseriti nel registro come testate diffuse con personal computer e rete telefonica. Abbiamo quindi presentato la richiesta di registrazione della testata diffusa via Internet. Sapevamo anche che c’era anche una circolare del ministero di Grazia e giustizia secondo la quale i direttori responsabili dei giornali on-line devono essere giornalisti professionisti o pubblicisti. Internet non era quindi del tutto sconosciuta alla legge. E così, dopo che il tribunale ha ricevuto anche una descrizione tecnica di Internet dal ministero delle Comunicazioni, ha deciso di registrare Interlex. C’è da dire che se non fossimo stati registrati, saremmo andati avanti, facendo ricorso alla Corte costituzionale, e in tal caso avremmo avuto un pronunciamento ancora più autorevole. Comunque, l’importante è che Internet sia stata riconosciuta come mezzo di diffusione della stampa periodica”.

Fatto sta che, con l’ordinanza del tribunale di Roma, la registrazione sembra ormai alla portata dei giornali telematici e c’è da notare che non si tratta di una formalità burocratica. Una testata registrata, infatti, è soggetta alla legge della stampa e quindi, ad esempio, non può essere sequestrata se non, come dice la Costituzione “per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi”.

Ma per un problema che si chiude, anche se non con l’ufficialità di una legge, ecco che se ne aprono altri. Innanzitutto c’è l’obbligo, ad ogni uscita, di consegnare quattro copie del giornale alla prefettura e uno alla procura. Questo obbligo spetta allo “stampatore”. E il giornale on-line, dove non ci sono “copie” né c’è uno “stampatore”? In realtà, questa norma è assolutamente impraticabile per i giornali telematici. Per esempio, prevede che tutte le copie siano esattamente identiche fra loro (quella che nel codice postale si chiama identità di contenuto), cosa improponibile per i giornali on-line dove, in teoria, ogni lettore può impaginare il proprio giornale. Ma, in attesa di norme migliori, molti gestori di siti giornalistici, improvvisandosi “stampatori”, portano alle autorità lo stampato di quello che fanno uscire in rete.

Altri problemi. La neonata legge sulla privacy, di cui tanto si è parlato recentemente, prevede che l’autorità possa in qualunque momento controllare i dati archiviati dall’impresa editoriale. E quindi che sia indicato il luogo fisico dell’archivio. Per le testate telematiche, però, i termini del problema sono diversi. Il “luogo fisico” sarebbe in questo caso il server che immette inr ete i testi, ma sapere dove si trova il server può essere un’informazione inutile. Piuttosto, l’autorità deve sapere chi sono le persone che vi hanno accesso. In altre parole, non importa sapere dove sono le informazioni, ma chi ha le password per consultarle.

Un altro passo fondamentale per il riconoscimento dei giornali su Internet sarà quello della registrazione da parte del Garante per l’editoria e la radiodiffusione. E attualmente, nessuna testata on-line ha superato questo secondo scoglio burocratico. Spiega Teodosio Zeuli, responsabile del “settore assetti” dell’Ufficio del garante: “Qui ci sono due registri: uno per la carta stampata e uno per le radio e le televisioni. I giornali telematici non sono previsti. Qualche mese fa abbiamo però chiesto un parere all’avvocatura dello Stato per poter inserire anche le testate on-line in questi elenchi, creando una categoria nuova o una sottocategoria in quelle esistenti. In attesa che l’avvocatura ci risponda, le richieste di registrazione sono sospese. Credo però che si arriverà molto presto alla registrazione delle testate on-line. Anche perché la situazione potrebbe sbloccarsi con la nuova legge che istituisce ‘l’autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni’. Nella nuova legge, la 249 approvata il 31 luglio 1997, è previsto infatti un unico elenco in cui saranno registrate tutte le testate, anche quelle realizzate da ‘imprese di editoria elettronica e digitale’. Bisogna solo aspettare che il nuovo registro sia pronto. E nell’attesa, potrebbe arrivare il parere positivo dall’avvocatura dello Stato per inserirle in quello attuale”. Anche in questo caso, non si tratta di semplice burocrazia. La questione del garante interessa molto le imprese editoriali in rete, se non altro per un motivo economico: i giornali registrati hanno uno sconto del 50% sulle tariffe telefoniche (oltre che su quelle postali, che in questo caso, ovviamente, interessano poco).

E i giornalisti? In Italia la professione è attentamente regolamentata dall’Ordine nazionale dei giornalisti. E dunque è importante anche la posizione dell’organo di autocontrollo della categoria. Antonio Viali, direttore dell’Ordine nazionale, sembra ottimista. “Come Ordine, consideriamo il giornalismo on-line alla pari rispetto alle forme più classiche di giornalismo, cartaceo e radio-televisivo. Quello che ci sta a cuore è la professionalità di chi fa informazione e la correttezza del prodotto che si offre ai lettori. Se il giornale telematico risponde a queste caratteristiche, non c’è motivo di considerarlo meno autorevole di un qualunque giornale cartaceo. L’importante è che nella testata on-line ci sia una struttura redazionale seria e che non si tratti di una semplice copia in rete di un giornale su carta. Se ci sono queste condizioni, e se c’è un certo numero di professionisti in redazione, il giornale on-line può offrire anche collaborazioni e praticantati, esattamente come un qualsiasi altro giornale”. Ma anche qui i problemi non mancano. Ad esempio, la presenza di redattori professionisti è vincolante per ottenere il praticantato in un giornale, perché si presuppone che stando gomito a gomito con un giornalista esperto, il giovane aspirante giornalista impari il mestiere. Ma questo vale se la redazione è un luogo fisico preciso (come, del resto, è sempre stato fino all’avvento di Internet). In teoria però potrebbe esserci un giornale on-line fatto di soli professionisti ma che neppure si conoscono fra di loro perché lavorano a distanza su una rete. E quindi il lavoro a contatto diretto con i giornalisti più anziani, che è considerato fondamentale per la pratica giornalistica, andrebbe perso. Come ci si comporta in situazioni del genere, impensabili fino a pochi anni fa? “Non ci sono alternative – risponde Viali -: bisogna verificare di persona che tipo di redazione c’è in ogni singolo giornale on-line. E ogni testata farà quindi caso a sé”. Stesso parere da Rodolfo Falvo, vice direttore della Federazione nazionale della stampa, Fnsi, quello che può essere considerato il sindacato dei giornalisti. “L’informazione on-line sta ponendo delle questioni nuove anche per la regolamentazione del lavoro giornalistico. E in materia ancora non c’è molto. Partendo però dal presupposto che i giornalisti che si occupano di informazione su Internet sono giornalisti come tutti gli altri, non resta che attenersi al contratto, muovendosi un po’ per analogia. Si tratta cioè di cercare i punti di contatto tra la professione del giornalista on-line e quella più classica del giornalista come è inteso nel contratto”.

Fin qui, la situazione in Italia. All’estero, la situazione è in parte diversa. Internet sta ponendo problemi e interrogtaivi un po’ in tutto il mondo, problemi che sono ben lontani dall’essere risolti. Ovunque, in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti, il giornalismo on-line è ancora in fase “di osservazione”, e spesso non viene considerato alla pari degli altri modi classici di fare informazione. Il problema più importante sembra quello delle fonti. La tanto apprezzata democraticità della rete, per cui chiunque può avere accesso al nuovo medium mondiale, può costituire in questo caso un ostacolo. L’esempio, che ormai è entrato nella storia del giornalismo on-line mondiale, è quello della presunta fotografia di Lady Diana morta che è circolata in rete poco dopo l’incidente dello scorso anno. I giornalisti di tutto il mondo, allora, si sono trovati di fronte a un qualcosa di nuovo: la verifica della fonte, uno dei fondamenti su cui si basa la professione, non si poteva fare più con gli strumenti consueti, con le leggi e con i regolamenti soliti. E poi, quella foto si trovava in un sito americano, dove le leggi sono diverse dalle nostre, ma poteva essere vista in tutto il mondo. Insomma, la globalizzazione dell’informazione era stata troppo veloce, rispetto alla lentezza dei regolamenti. In America, del resto, le leggi in materia di giornalismo sono molto meno restrittive che in Italia o in Francia. Nel mondo anglosassone, la libertà di informazione ha una lunga tradizione, e quindi ormai fa parte del bagaglio culturale della gente.

In definitiva, quel che emerge in maniera forte è che, per la sua natura transnazionale, Internet esige delle nuove leggi sull’informazione il più possibile omogenee, se non altro come principi, dall’Italia agli Stati Uniti, dalla Germania al Giappone.

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