(Università di Milano-Bicocca) – Camminare è come viaggiare sulla nostra linea del tempo, in cui il passato è rappresentato dietro di noi e il futuro davanti a noi. È quanto emerge dallo studio “Walking on a Mental Time Line: Temporal processing affects step movements along the sagittal space”, realizzato da Luca Rinaldi e Luisa Girelli del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca in collaborazione con i colleghi di Dipartimento Francesca Locati e Laura Parolin e con Nicolò Bernardi della McGill University (Quebec, Canadà). A questo studio la rivista Cortex dedica la copertina del numero di maggio di prossima uscita.
I ricercatori hanno indagato come l’esperienza sensori-motoria legata al cammino porti a rappresentare il tempo secondo precise coordinate spaziali attorno al nostro corpo. Lo studio, infatti, ha esplorato la rappresentazione dei concetti temporali di passato e futuro studiando, per la prima volta, dei movimenti corporei eseguiti nello spazio intorno a noi.
A 19 volontari, tutti bendati e quindi privati di input visivo, è stato chiesto di classificare alcune parole che si riferivano a concetti temporali passati (ad esempio, “ieri” o “prima”) o futuri (ad esempio, “domani” o “dopo”), facendo rispettivamente un passo indietro oppure avanti con la gamba destra, ritornando poi in posizione di partenza.
Grazie a un sistema optoelettronico di telecamere ad alta definizione, che hanno misurato le coordinate tridimensionali di alcuni marker posti sul corpo dei partecipanti (in prossimità del ginocchio e del piede destro), è stato possibile analizzare la cinematica del cammino. In particolare, i risultati hanno mostrato come tutti i partecipanti fossero molto più veloci a classificare una parola riferita al passato facendo un passo indietro, e a classificare una parola riferita al futuro facendo un passo in avanti.
Nello specifico, i volontari hanno impiegato in media 229 millisecondi in meno a eseguire un passo indietro per dire che una parola si riferiva al passato, rispetto a un termine che si riferiva al futuro, mentre hanno impiegato 183 ms in meno ad eseguire un passo in avanti per dire che una parola si riferiva al futuro, rispetto a un termine che si riferiva al passato. Quindi il vantaggio nel muoversi lungo la direzione in cui ci rappresentiamo il tempo è di circa 200 ms.
“Questo studio – spiegano Luca Rinaldi e Luisa Girelli – dimostra che il nostro cervello rappresenta il tempo lungo l’asse sagittale dello spazio peripersonale, in cui il nostro corpo viene considerato il centro della linea del tempo. Inoltre, lo studio suggerisce che la rappresentazione di un concetto astratto, come quello del tempo, derivi da esperienze sensori-motorie, quali quella del cammino. Quando camminiamo, infatti, lasciamo fisicamente il passato alle nostre spalle e avanziamo verso il futuro: in questo senso, anche il nostro parlare del tempo in termini spaziali potrebbe avere origine da questa esperienza corporea”.