Per non dimenticare la Tbc

Monica, sieropositiva e affetta da tubercolosi multiresistente, riceve ogni giorno le cure presso la Blue House, clinica alla periferia di Mathare, uno dei più violenti slum di Nairobi, in Kenya. La sua mano piena di pillole, con la forza evocativa che solo le immagini sanno dare, è il simbolo della mostra “Tubercolosi: omissione di soccorso” inaugurata il 9 luglio. Una piccola esposizione, promossa da Medici senza Frontiere e dalla Commissione per i diritti umani del Senato e realizzata in collaborazione con l’Istituto europeo di design, che ha come obiettivo quello di richiamare l’attenzione sul problema dei finanziamenti alla ricerca contro la Tbc.

L’inaugurazione è avvenuta lo stesso giorno in cui Msf ha presentato in un’audizione dell’ufficio di presidenza della Commissione Sanità allargato ai senatori della Commissione per i diritti umani il rapporto “Tubercolosi, omissione di soccorso. L’impegno per gli investimenti italiani nella ricerca e lo sviluppo di nuove terapie contro una malattia globale”, reso pubblico il 16 giugno scorso. “Abbiamo voluto dare continuità all’impegno del Senato contro la tubercolosi, proprio mentre i grandi della Terra sono riuniti all’Aquila per cercare soluzioni ai problemi del mondo”, ha spiegato Pietro Marcenaro, presidente della Commissione per i diritti umani del Senato.

Ogni giorno il personale Msf e altri operatori lottano per contrastare quest’emergenza globale, che fa registrare 1 milione e 700 mila morti e 9 milioni di nuovi casi ogni anno, senza aver accesso agli strumenti medici necessari. I più grandi ostacoli sono proprio legati all’inadeguatezza degli strumenti a disposizione, conseguenza di sforzi di ricerca e sviluppo ancora insufficienti, come evidenziato già nel Rapporto (vedi Galileo).

La mostra quindi è un ulteriore richiamo a un maggior impegno in tal senso, con uno sguardo non solo sull’Africa, paese notoriamente afflitto dalla Tbc e dalla co-infezione con Hiv, ma anche ai paesi dell’Est europeo, dove il contagio assume sempre più i contorni di un’emergenza. Così accanto all’immagine di Karen Aweno, 48 anni, affetta da Tbc, nel campo di Agweng (Nord Uganda) dove secondo una ricerca si registra uno dei tassi di mortalità più alta del paese, e quella di una giovane madre nel Sud Sudan che somministra alla figlia il trattamento per la tubercolosi troviamo quella che ci restituisce lo sguardo sperduto di una bambina nel campo sfollati di Nazran, in Inguscezia.

“Abbiamo bisogno di nuovi mezzi diagnostici, che siano semplici, affidabili e adatti ai contesti a basse risorse tecnologiche, in grado di diagnosticare tutte le forme di Tbc, di farmaci nuovi, efficaci contro le forme multiresistenti e che non interagiscano con i farmaci antiretrovirali”, si legge percorrendo l’esposizione. “Per riuscire a raggiungere gli obiettivi prefissati per il 2015 e poter curare 50 milioni di persone, dimezzare la prevalenza della malattia e la percentuale di mortalità, salvando 14 milioni di vite umane, è necessario un sostanziale potenziamento della ricerca”.

ROMA
Tubercolosi, omissione di soccorso
Cortile Sant’Ivo alla Sapienza
Corso Rinascimento, 40
Fino al 31 luglio
Orario: 9-18

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