Perché i pianeti hanno dimensioni così diverse

Si chiama teoria construttale il modello proposto da Adrian Bejan, un fisico della Duke University per spiegare la distribuzione della materia all’interno del Sistema solare e dei sistemi planetari in genere. I pianeti si sono formati in conseguenza dell’attrazione gravitazionale che ha via via “addensato” materia, fino a costruire i corpi celesti così come li conosciamo oggi. L’informazione che è sempre mancata, però, è quella relativa a cosa abbia portato, per esempio, Giove a possedere una massa circa 318 volte maggiore di quella terrestre e addirittura 5800 volte circa quella di Mercurio.

“Già a partire dal Diciottesimo secolo”, ha spiegato Bejan, “agli scienziati era noto che la formazione dei pianeti fosse stata mediata dalla gravità. La questione della ‘gerarchia’ tra le masse raccolte dai vari pianeti è stata quasi del tutto trascurata”. La teoria construttale, introdotta da Bejan nel 1996, è stata già applicata per spiegare la formazione e l’evoluzione di sistemi come i bacini fluviali, i rami degli alberi, i fiocchi di neve e persino la diramazione dell’albero bronchiale nei nostri polmoni.

Per quanto riguarda i pianeti Bejan ha introdotto il concetto di “tensione gravitazionale” per motivare la distribuzione di massa, partendo dall’idea che tutto in natura tende a regolarsi verso la forma più “semplice” possibile. Nel caso del nostro Sistema solare, la materia avrebbe deciso di “sciogliere la tensione” formando il Sole al proprio centro e giganti come Giove e nanetti come Mercurio. “La nostra scoperta”, ha spiegato lo scienziato, “riguarda il fatto che la gerarchia all’interno del Sistema solare è stata decisa quasi subito e in modo spontaneo. La tendenza della materia a raccogliersi in alcuni corpi molto grandi e in altri nettamente più piccoli è stata quella più veloce ed efficiente per alleggerire la tensione interna indotta dalla gravità”.

Secondo Bejan la sua teoria si può applicare con le stesse equazioni anche a sistemi molto più semplici e terrestri. “La naturale tendenza a evolvere verso uno stato di tensione il più possibile ridotta può essere riscontrato anche in altri fenomeni, come la formazione delle crepe nel terreno che si secca. Spero il nostro lavoro possa essere utile anche ad altri scienziati di altri campi che si occupano di spiegare altri generi di fenomeno”.

Riferimenti: Journal of Applied Physics http://dx.doi.org/10.1063/1.4941986

Credits immagine: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here