Categorie: Società

Perché pubblicare gli studi senza risultati

Cosa dovrebbe fare un ricercatore che si occupa di scienze sociali quando formula un’ipotesi sul comportamento umano e idea un test per verificarla, ma si accorge di non aver ottenuto nessun risultato? Dimenticarsi dell’esperimento (o archiviarlo) e andare avanti, sembrerebbe la risposta più ovvia. Se non si è trovato nulla di rilevante o pertinente infatti, perché scrivere uno studio scientifico e cercare di pubblicarlo? In un articolo pubblicato su Science, i ricercatori della Stanford University Annie Franco, Neil Malhotra e Gabor Simonovits suggeriscono invece di adottare un approccio diverso: secondo loro, non pubblicare ricerche che non hanno raggiunto i risultati desiderati produce infatti una sorta di pregiudizio nella letteratura scientifica, che rende meno affidabili gli studi che vengono effettivamente pubblicati.

Come mai? Secondo Franco e i suoi colleghi, se le riviste scientifiche presentano solo i risultati degli studi che hanno ottenuto i dati più rilevanti, si viene a creare l’impressione che solo questo tipo di ricerche siano importanti.

Per arrivare a questa conclusione i ricercatori hanno analizzato i dati provenienti dal Time-sharing Experiments for the Social Sciences (Tess), una piattaforma che permette di svolgere esperimenti di scienze sociali grazie ad un programma di sondaggi online finanziato dalla National Science Foundation americana. Dopo aver consultato gli studi svolti fino ad oggi grazie alla piattaforma Tess, i ricercatori si sono accorti che solo il 48% dei progetti iniziati sono stati di fatto completati, e hanno quindi contattato gli autori delle ricerche per capire come mai gli studi fossero stati interrotti.

La loro indagine ha dimostrato che appena il 20% degli studi con risultati nulli finisce con l’essere pubblicato, e che un sorprendente 65% di questi lavori non viene nemmeno scritto: i ricercatori interrompono semplicemente la ricerca a causa della mancanza di risultati positivi. Secondo gli scienziati intervistati infatti, sarebbe inutile sprecare tempo e lavoro in qualcosa che non interesserebbe in alcun modo alle riviste scientifiche.

Franco, Malhotra e Simonovits ritengono però che anche gli studi con risultati negativi siano importanti. Per questo, i ricercatori hanno proposto la realizzazione di una specie di magazzino dove poter riporre tutti i lavori che non riescono a dimostrare le ipotesi di partenza, accessibile agli altri scienziati, che potrebbero quindi consultare le ricerche e ottenere informazioni potenzialmente utili per loro esperimenti. Idealmente, in futuro uno scienziato potrebbe quindi consultare il suo computer e ottenere un’intera cronologia delle ricerche svolte in un determinato campo di studi, e non solo la lista delle pubblicazioni che hanno mostrato risultati positivi.

Riferimenti: Science doi: 10.1126/science.1255484

Credits immagine: Gianpaolo Fusari/Flickr

Claudia De Luca

Dopo la laurea triennale in Fisica e Astrofisica alla Sapienza capisce che la vita da ricercatrice non fa per lei e decide di frequentare il Master in Giornalismo e Comunicazione della Scienza all'Università di Ferrara, per imparare a conciliare il suo amore per la scienza e la sua passione per la scrittura.

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