L’insostenibile peso del petrolio sulle ali degli uccelli

(Credit: Ingrid Taylar via Wikimedia CC)

Tra i simboli più eloquenti degli effetti nocivi dello sversamento di petrolio, gli uccelli sono anche tra gli animali più colpiti da disastri ambientali, come quello della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon del 2010. Istintivamente portati a pulirsi le piume con il becco,  gli uccelli contaminati ingeriscono infatti sostanze tossiche che hanno effetti nocivi su molti organi e sono diversi gli studi che hanno dimostrato come il petrolio penetri nel loro piumaggio, rendendoli più vulnerabili alle escursioni termiche. Ma non solo. Una ricerca condotta dalla Western University in Canada ha mostrato, per la prima volta, le gravi conseguenze della contaminazione – anche lieve – da petrolio sulle performance di volo degli uccelli migratori.

Lo studio è stato condotto su 80 esemplari di piro – piro occidentale selvatico (Calidris Mauri) – specie rappresentativa di quella colpita nella catastrofe della Deepwater Horizon – catturati nella Columbia Britannica tra il 2012 e il 2013. Gli scienziati hanno testato la resistenza degli uccelli facendoli volare all’interno di una galleria del vento, per simulare le naturali condizioni di volo. E hanno osservato come in assenza di ostacoli non mostrassero alcuna difficoltà nel volare per due ore consecutive. I ricercatori allora hanno applicato del petrolio (raccolto dalla Deepwater Horizon) su ali e coda di alcuni uccelli (considerati così lievemente contaminati), per poi testare la loro resistenza all’interno della galleria. Dopo una settimana hanno cosparso di petrolio anche il dorso e l’addome degli animali – a simulazione del naturale schema di contaminazione – e hanno ripetuto l’esperimento.

Grazie all’ausilio di telecamere ad alta velocità poste all’interno della galleria, è stato possibile osservare come, sia con una lieve che con una moderata contaminazione, i volatili avessero numerose difficoltà: riduzione della capacità di elevarsi in volo, della distanza percorsa, maggiori tentativi di atterraggio e aumento della frequenza del battito d’ali. I ricercatori hanno poi calcolato in base alla composizione corporea degli uccelli, la quantità di energia spesa per il volo: aumentava del 20% per quelli lievemente contaminati e del 45% per quelli moderatamente contaminati, metà dei quali non ha completato l’esperimento (ovvero: i ricercatori hanno dovuto interrompere l’esperimento perché gli uccelli cercavano di atterrare continuamente).

“È come tentare di volare con le ali spezzate o trascinando una palla e una catena” ha osservato Ivan Maggini della Western University, tra gli autori dello studio, ipotizzando come una riduzione delle prestazioni di volo degli uccelli diminuisca le loro probabilità di spostamento e di sopravvivenza a eventuali predatori. Il tutto amplificando gli effetti dannosi di possibili sversamenti di petrolio.

Riferimento: Journal of Experimental Biology 

Ilaria Campagna

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