Il piercing, oltre che di tendenza, può essere dannoso. A rivelarlo è un’indagine condotta tra gli studenti della Pace University di Pleasantville, a New York, tra il febbraio e il maggio 2001. I risultati, resi pubblici dal Mayo Clinic Proceedings di questo mese, hanno rivelato che più della metà degli studenti ha un piercing e circa il 23 per cento un tatuaggio. Tra i primi, il 17 per cento ha lamentato infezioni batteriche, sanguinamenti, ferite e lacerazioni del tessuto interessato. I ricercatori hanno poi sottolineato che, in mancanza di strumenti adeguatamente sterilizzati, le conseguenze possono essere letali: epatite C, Hiv e setticemia. Nel caso dei tatuaggi, invece, non sono state rilevate complicazioni di carattere medico. Ma lo studio suggerisce che l’epatite B, la C e l’Hiv potrebbero manifestarsi più avanti negli anni. “Se è vero che i tassi di prevalenza e di complicazioni sono relativi a questa fascia di età”, ha affermato Lester B. Mayers del dipartimento di medicina sportiva presso la stessa università e autore della ricerca, “è altrettanto vero che queste malsane abitudini sono assai diffuse e che il costo per i servizi sanitari è notevole”. L’indagine ha, infine, evidenziato i punti del corpo in cui il piercing è maggiormente richiesto: l’ombelico e l’orecchio (in parti diverse dal lobo), rispettivamente per il 29 per cento e per il 27 per cento delle ragazze, l’orecchio per il 31 per cento dei maschi. (d.d.v.)
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