Premiata la risonanza magnetica

Va alla risonanza magnetica il Nobel per la Medicina 2003. L’accademia svedese ha premiato le scoperte del chimico statunitense Paul C. Lauterbur (Università dell’Illinois) e del fisico britannico Peter Mansfield (Università di Nottingham) relative alla risonanza magnetica a immagine, o Mri. Nonostante la tecnica di indagine sia piuttosto recente – le prime applicazioni risalgono agli inizi degli anni Ottanta – la Mri è divenuta in poco tempo uno strumento indispensabile per la diagnosi medica e per la ricerca biochimica. Secondo i dati del 2002, sono 22 mila i macchinari per la risonanza magnetica esistenti nel mondo con cui si effettuano circa 60 milioni di diagnosi ogni dodici mesi. La tecnica permette di “vedere” dentro il corpo umano grazie al contenuto di acqua presente nei tessuti e organi. In molte patologie, infatti, il contento di acqua all’interno del paziente varia e può essere rilevato attraverso un’immagine tridimensionale effettuata tramite risonanza. La terapia è indolore e meno invasiva di altre pratiche, perché dipende esclusivamente dalla forza dei campi magnetici e dalle frequenze delle onde radio. Quando il corpo è esposto ai campi elettromagnetici della Mri, i nuclei degli atomi di idrogeno dell’acqua si mettono sull’attenti e l’energia contenuta nel nucleo cambia. Successivamente i nuclei, tornando in posizione “normale”, inviano un’onda di risposta che viene calcolata dal macchinario: la risonanza rileva, quindi, l’oscillazione energetica del nucleo. La Mri ha permesso di migliorare la cura di gravi malattie come i tumori o la sclerosi multipla. È importante, inoltre, nella ricerca neurologica: tramite le sue tecniche è stato possibile vedere il cervello in funzione. (c.f.)

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