Categorie: Società

Prigione per chi vende pellicce di cane o gatto

Mai più pellicce di cane o gatto. A voler essere ottimisti potrebbe essere questa la conseguenza del decreto legislativo approvato il 1° marzo dal Consiglio dei Ministri che prevede un inasprimento delle pene per chi commercia capi d’abbigliamento rifiniti con il pelo dei tanto amati animali domestici. E’ l’atteggiamento che ha scelto di tenere la Lav (Lega Anti Vivisezione) commentando positivamente l’iniziativa del governo, anche perché l’associazione animalista può a buon diritto considerare il risultato ottenuto come una vittoria personale.

Con l’introduzione delle nuove sanzioni (arresto da tre mesi a un anno o ammenda da  cinquemila a centomila euro, confisca e distruzione del materiale a proprie spese) il nostro paese si è conformato a quanto richiesto dal Regolamento comunitario 1523 del 2007 che sancisce il bando di pellicce di cani e gatti in tutta Europa. La normativa eureopea  venne sollecitata fortemente dall’Italia dopo che una inchiesta della Lav (Prêt a porter da cani) aveva denunciato la presenza di capi di abbigliamento con pellicce di cane in alcuni grandi magazzini italiani e l’esistenza di un business internazionale che portava all’uccisione di due milioni di cani e gatti l’anno. Quella stessa inchiesta aveva spianato la strada  qualche anno prima all’aprovazione nel nostro paese della legge (189/ 2004) sul maltrattamento (Il maltrattamento è reato) che già imponeva nel nostro paese il divieto di utilizzare gli animali domestici per ricavarne delle pellicce.

Ma c’è un aspetto della questione che il nuovo decreto legislativo non contempla e che costringe a smussare gli entusiasmi e a guardare anche la parte vuota del bicchiere: non esiste ancora un sistema efficace che stabilisca a quale animale appartiene la pelliccia sul collo e sui polsini di una giacca, per esempio, o sul risvolto degli stivali. Lo ricorda anche Simone Pavesi, responsabile Lav del settore pellicce: “Chiediamo al Ministero della Salute di validare i necessari metodi di analisi, così come richiesto nello stesso Regolamento comunitario, e di attuare uno specifico piano straordinario di controlli al fine di stroncare una volta per tutte questo vergognoso mercato clandestino”. (g.d.o.)
 

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