Spazio

Ecco la prima molecola che si è formata nell’Universo

Quand’è nata, in natura, la chimica? Si potrebbe dire che la chimica è nata con la formazione del primo legame molecolare, cioè con la prima molecola. La teoria suggeriva che questa molecola doveva essere lo ione idruro di elio, cioè idrogeno ionizzato (dei semplici protoni) che reagisce con il gas nobile elio. Questa molecola era stata osservata in laboratorio nel 1925, ma mai nello Spazio, fino a ora. Un team dell’Istituto Max Planck per la Radioastronomia di Bonn è riuscito a scoprire lo ione idruro di elio in una giovane nebulosa planetaria, chiudendo così una questione aperta da quasi un secolo. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature.

La nascita della chimica

Questa storia potrebbe cominciare, idealmente, più di tredici miliardi di anni fa, quando un giovane Universo iniziava a raffreddarsi. Era un Universo privo di metalli e composto esclusivamente da ioni di elementi leggeri: idrogeno, elio, deuterio e tracce di litio. Quando la temperatura è scesa sotto i 4000 gradi Kelvin, questi ioni hanno cominciato a ricombinarsi, con ordine inverso rispetto al loro potenziale di ionizzazione (l’energia necessaria a strappare un elettrone da un atomo). Così, lo ione elio ha acquisito un elettrone formando il primo elemento neutro in assoluto.

L’idrogeno ionizzato invece, cioè un protone, è altamente reattivo. È il più forte acido noto e tende a reagire con qualunque elemento neutro. In questo modo, si è creato il primo legame molecolare fra elio neutro e ione idrogeno, che ha formato la molecola ione idruro di elio (HeH+). Man mano che la ricombinazione degli elementi procedeva, lo ione idruro di elio si è unito ad altri atomi di idrogeno, aprendo così la strada alla formazione dell’idrogeno molecolare e a tutto l’Universo come lo conosciamo oggi.

Alla ricerca della prima molecola

Secondo le leggi della meccanica quantistica, ogni molecola emette radiazione ad una ben precisa lunghezza d’onda. Si tratta di una firma inequivocabile che permette, grazie a strumenti noti come spettrometri, di riconoscere elementi e molecole contenuti in un certo composto. Nel caso dello ione idruro di elio, questa firma si trova alla lunghezza d’onda di 0.149 millimetri.

Lo HeH+ era stato osservato per la prima volta, in laboratorio, nel 1925, ma nonostante la sua importanza per la storia dell’Universo, non era mai stato rilevato nello Spazio. “La chimica dell’Universo è cominciata con l’HeH+”, ha spiegato Rolf Güsten, coordinatore della ricerca, “e la mancanza di una sua evidenza nello Spazio interstellare è stato un dilemma per l’astronomia per lungo tempo”. Secondo modelli teorici messi a punto alla fine degli anni Settanta, quantità rilevabili di HeH+ si sarebbero dovute trovare in nebulose planetarie, formate da materiale espulso da stelle simili al Sole alla fine del loro ciclo vitale.

Effettivamente, così è stato: gli scienziati sono riusciti a rilevare tracce dello ione idruro di elio ai margini della nebulosa planetaria Ngc 7027. Questa nebulosa, un tempo una stella di massa media come il nostro Sole, si trova nella costellazione del Cigno, a tremila anni luce dalla Terra. Oggi, la nuova, giovane stella al centro della nebulosa è una nana bianca tra le più calde (190 mila gradi Kelvin) e cento volte più luminosa del Sole. Sfortunatamente, la lunghezza d’onda emessa dallo ione idruro di elio è bloccata dall’atmosfera della Terra e non può essere rilevata con i radiotelescopi terrestri.

Osservatori orbitanti: il progetto Great

Per questo motivo, i ricercatori hanno effettuato le osservazioni con un telescopio orbitante chiamato Sofia, di fatto un Boeing modificato per osservazioni ad alta quota. Su Sofia è montato uno spettrometro molto sensibile, noto come Great (German Receiver for Astronomy at Terahertz Frequencies). Questo spettrometro opera appunto nelle frequenze terahertz (1 terahertz sono 1000 gigahertz) che sono invisibili per i telescopi terrestri, a causa dell’atmosfera. Great è operativo dal 2011 ed è stato sviluppato proprio dai ricercatori dell’Istituto Max Planck per la Radioastronomia. “Grazie ai recenti sviluppi nella tecnologia terahertz è stato finalmente possibile fare delle misure molto precise in quella regione di frequenze chiamata lontano infrarosso”, ha spiegato Rolf Güsten.

Questa ricerca chiude felicemente una questione scientifica aperta da tempo, elimina i dubbi sulla nostra comprensione dei processi di formazione molecolare all’inizio dell’Universo e mostra la tendenza della natura a formare legami molecolari nonostante elementi poco reagenti come l’elio.

Riferimenti: Nature

Lorenzo Tenuzzo

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