Problemi ai reni e odori inspiegabili: nuovi indizi per il Long-Covid

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(Foto: Marjan Blan | @marjanblan on Unsplash)

Stanchezza eccessiva, dolori diffusi, debolezza muscolare, fino ad arrivare a problemi che coinvolgono più organi: questi solo alcuni dei sintomi associati al cosiddetto long-Covid, l’insieme di sindromi che può colpire chi ha contratto Sars-Cov-2 a distanza di settimane dalla sua guarigione. Proprio in virtù dell’estrema variabilità di queste condizioni cliniche, ad oggi non c’è un consenso unico sulle caratteristiche del long-Covid. Eppure, man mano che i casi di infezione da coronavirus aumentano a livello globale, emergono nuove evidenze sui suoi effetti a lungo termine. Due recenti studi indicano, tra gli altri problemi legati al Covid-19, una riduzione della funzione renale e distorsioni del senso dell’olfatto.

Cosa si sa finora sul long-Covid

Secondo la definizione del Center of disease control and prevention statunitense, il long-Covid consiste in una vasta gamma di problemi di salute nuovi, ricorrenti o in corso che le persone possono sperimentare quattro o più settimane dopo essere state infettate per la prima volta da Sars-Cov-2. I sintomi del long-Covid sono estremamente variabili e possono presentarsi in combinazioni sempre differenti, possono riguardare soggetti di qualunque età e che hanno sviluppato la fase acuta della malattia con diversi livelli di gravità, anche, per esempio, chi non ha presentato i sintomi tipici di Covid-19 nei giorni o nelle settimane successivi all’infezione.

Secondo l’Istituto superiore di sanità, la mancanza di una definizione precisa di questa condizione e l’ampiezza dello spettro dei sintomi rendono difficile una valutazione epidemiologica precisa della sindrome. Comunque sia, normalmente si classificano le possibili manifestazioni del long-Covid in due categoriemanifestazioni generali e manifestazioni organo-specifiche.

Tra le prime le più comuni sono fatica persistente, stanchezza eccessiva, febbre, debolezza muscolare, dolori diffusi, mialgie, artralgie, peggioramento dello stato di salute percepito, riduzione dell’appetito, sarcopenia, modifiche al senso del gusto e dell’olfatto. Per quanto riguarda le seconde, invece, sono diffusi problemi polmonari come dispnea, affanno e tosse persistente. In più, alcune persone guarite da Covid-19 hanno riportato problemi multi-organo (interessando le funzioni del cuore, dei polmoni, dei reni, della pelle e del cervello) o condizioni autoimmuni per un notevole lasso temporale.

Data l’eterogeneità di questi sintomi, e a fronte dei più di 200 milioni di contagi in tutto il mondo, gli studi sugli effetti a lungo termine di Covid-19 non si fermano, e continuano a trovare nuove evidenze sia per migliorare l’assistenza post-Covid, che per individuare possibili indicatori specifici di questa sindrome.

Problemi ai reni

Un nuovo studio pubblicato su Journal of the American Society of Nephrology da un team di ricercatori della Washington University di St. Louis, evidenzia come i sintomi del long-Covid siano legati a un maggiore rischio di sviluppare problemi renali. Analizzando i dati di quasi 90mila veterani statunitensi che sono guariti da Covid-19, i ricercatori hanno trovato che chi possedeva i sintomi tipici del long Covid presentava anche maggiori problemi alla funzionalità dei reni.

In particolare, circa il 5% di pazienti long-Covid ha sviluppato un calo di circa il 30% nella velocità di filtrazione glomerulare, una misura che normalmente viene utilizzata per stimare la funzione renale. Complessivamente, le persone con long-Covid avevano il 25% in più di probabilità di sviluppare problemi renali rispetto agli altri. “I nostri risultati sottolineano l’importanza fondamentale di prestare attenzione alla funzione renale e alle malattie nella cura dei pazienti che hanno avuto Covid-19 – ha affermato Ziyad Al-Aly, coautore dello studio -. Se la cura della funzione renale non è parte integrante della strategia di assistenza post Covid-19, allora perderemo opportunità di aiutare potenzialmente centinaia di migliaia di persone che non hanno idea che la loro funzione renale è diminuita a causa di questo virus”.


Più di 200 i sintomi associati al Long Covid


Olfatto, un indicatore di long-Covid

L’anosmia, ovvero la perdita o la diminuzione del senso dell’olfatto, rappresenta uno dei sintomi della fase acuta di Covid-19. Nonostante la maggior parte delle persone riacquisti l’olfatto dopo essere guarito, altre continuano a riferire distorsioni dell’olfatto (fenomeno detto parosmia) e percezione di odori inspiegabili, che nessun altro sente (fantosmia). È quanto emerge da un nuovo studio internazionale pubblicato in pre-print su MedRxiv, non ancora sottoposto al processo di revisione tra pari.

I ricercatori, infatti, hanno condotto un’indagine tra 1.468 persone a cui era stato diagnosticato Covid-19 tra aprile e settembre 2020 e che avevano subito la perdita dell’olfatto e del gusto all’inizio della malattia. A distanza di sei mesi dopo essersi ammalati, circa il 60% delle donne e il 48% degli uomini avevano riacquistato meno dell’80% della loro capacità olfattiva, mentre erano aumentati i fenomeni di parosmia e fantosmia.

Poco meno della metà degli intervistati, infatti, ha riportato distorsioni nel senso dell’olfatto. Un partecipante allo studio per esempio ha affermato che “alcune cose adesso odorano di sostanze chimiche“. Un quarto degli intervistati, inoltre, ha riportato crescenti fenomeni di fantosmia: “A volte sento odore di bruciato, ma nessun altro intorno a me può“, viene riportato nello studio. Proprio come nella fase acuta della malattia, i disturbi dell’olfatto si potrebbero rivelare strumenti estremamente utili nell’individuazione del long-Covid. “Dal momento che i sintomi principali legati all’olfatto erano più presenti in chi riportava altri sintomi, questi potrebbero essere degli indicatori chiave per il long-Covid”, concludono gli autori dello studio.

Via: Wired.it

Credits immagine: Marjan Blan | @marjanblan on Unsplash