Produrre staminali con lo stress (ambientale)

La ricerca sulle cellule staminali si arricchisce di un altro, promettente e affascinante capitolo. A farlo è la pubblicazione su Nature di due studi che dimostrano come ottenere cellule staminali pluripotenti (ovvero capaci di differenziarsi in diversi tipi cellulari) senza stimolare modifiche genetiche, ma solo cambiando i fattori ambientali.

Avere a disposizione una riserva di cellule modificabili (nei limiti del possibile) a piacimento per ottenere quelle di interesse potenzialmente utili nel trattamento di diverse patologie, è la più grande delle promesse della ricerca sulle staminali. A oggi però il loro reale impiego nella pratica clinica è limitato a pochi casi (nei trapianti di midollo nelle leucemie, nelle ustioni della pelle e per riparare cornee danneggiate). Tra i limiti della loro applicabilità, oltre le difficoltà di controllare queste cellule e di gestirle in modo che facciano esattamente quel che i ricercatori desiderano, anche la loro esigua disponibilità.

Utilizzare le staminali embrionali per esempio, quelle col maggior potenziale di differenziazione, implica la distruzione degli embrioni, sollevando spigolose questioni etiche. Un passo avanti arrivò pochi anni fa, quando il poi premio Nobel Shinya Yamanaka annunciò la possibilità di creare staminali pluripotenti aggiungendo copie extra di alcuni geni a cellule somatiche (creando le cosiddette staminali pluripotente indotte, iPSC).

Oggi su Nature i ricercatori guidati da Haruko Obokata del Riken Center for Developmental Biology (Giappone) e Charles Vacanti della Harvard Medical School, mostrano che è possibile ottenere staminali pluripotenti anche con la sola esposizione a stress ambientali, senza introdurre Dna esogeno nella cellula o fattori di trascrizione. Gli scienziati sono stati ispirati da come alcuni stimoli ambientali possano indurre modifiche importanti nel mondo vivente (la determinazione del sesso operata dalle temperature in alcuni rettili o la possibilità di cambiare destino cellulare in risposta a diversi pH negli embrioni di rana). E hanno osservato in che modo alcuni segnali fisici stressanti possono influenzare il destino delle cellule di topo neonato (cellule del sangue mature).

In particolare, gli scienziati hanno visto come l’esposizione a un ambiente acido (basso pH), dopo alcuni giorni, induce le cellule non a morire ma a sdifferenziarsi, acquisendo uno stadio simile a quello delle staminali embrionali, come mostrato dai marcatori cellulari. Il processo è stato chiamato stimulus-triggered acquisition of pluripotency (Stap, ovvero acquisizione di pluripotenza innescata da stimolo). Queste cellule pluripotenti, capaci di maturare in diversi tipi cellulari, sono state quindi introdotte nell’embrione di un topo, costituendo una chimera (animale composto sia delle proprie cellule che di quelle del donatore, le Stap cells in questo caso); confermando il loro carattere di pluripotenza.

Ora, spiegano i ricercatori, il prossimo passo sarà verificare se lo stesso processo di riprogrammazione  ambientale possa replicarsi con le cellule umane. Se così fosse, in futuro, potrebbe essere possibile produrre cellule staminali simil embrionali a partire dal sangue o dalla pelle di ogni paziente, senza manipolazioni genetiche, aprendo grandi opportunità per la medicina rigenerativa. Nel frattempo i ricercatori cercheranno di capire anche in che modo stimoli stressanti come un basso pH guidino la riprogrammazione cellulare verso uno stadio di pluripotenza.

Via: Wired.it

Credits immagine:  Haruko Obokata

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