Pum2, la proteina “trentina”

È affidata a una proteina la regia dello sviluppo dei neuroni, secondo quelle forme che li rendono adatti a ricevere e trasmettere informazioni. La proteina si chiama Pum2 ed è parente di Pumilio, la proteina neuronale del moscerino della frutta (Drosophila) scoperta nel 2004. Pum2 è stata intercettata da un gruppo internazionale di ricercatori guidati dal neuroscienziato Paolo Macchi del Cibio (Centro Interdipartimentale per la Biologia Integrata) dell’Università di Trento, già responsabile di un gruppo di ricerca al Center for Brain Research della Medical University di Vienna. La ricerca  è stata pubblicata su Pnas.

La Pum2 viene prodotta dai neuroni umani sin dalle prime fasi di sviluppo. Se la produzione risulta in eccesso o in difetto, possono verificarsi alterazioni nella forma delle cellule del cervello. In questo senso, Pum2 può essere considerata una delle responsabili di gravi forme di ritardo mentale: nelle persone affette da malattie degenerative o genetiche gravi, infatti – come per esempio l’autismo, la sindrome di Down o la sindrome di Rett (una malattia che colpisce soprattutto le bambine entro i quattro anni causando spesso gravi deficit cognitivi) -, le cellule nervose presentano una configurazione delle sinapsi più semplice, che condiziona lo sviluppo e la funzionalità del cervello stesso.

“In genetica oggi la cosa più difficile non è scoprire quali sono i geni determinanti di patologie ereditarie” spiega a Galileo il direttore del CiBio, Alessandro Quattrone. Visto che ormai quasi tutti i più importanti geni causali delle malattie mendeliane, cioè quelle provocate dall’alterazione di un singolo gene, sono stati identificati, l’importante è invece scoprire perché l’alterazione di questi geni determina la malattia. “Come ben dimostra lo studio di Macchi – continua Quattrone – Pum2 è sicuramente uno dei controllori del giusto numero di ramificazioni e di contatti nel cervello, anche se  il gene che codifica per Pum2 non è tra quelli che, in seguito a una mutazione, dà origine a una malattia mendeliana”. Per questo il team sta ancora lavorando per capire se le sue piccole variazioni influenzano il decorso di queste patologie, oppure se le stesse variazioni sono coinvolte in altre patologie neurologiche non a prevalente base ereditaria, come l’autismo, dove il difetto di connessioni sembra essere il fattore scatenante l’alterazione. La scoperta quindi potrebbe dare una chiave per la comprensione dei meccanismi molecolari con i quali l’autismo si manifesta, aprendo la strada a possibili terapie. (a.g.)

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