Quando la trombosi colpisce in aereo

Con l’inizio della stagione estiva, molti affronteranno anche viaggi aerei da un continente all’altro. E’ d’obbligo allora chiedersi quanto sia attendibile il rischio di trombosi nei voli a lunga percorrenza, meglio nota come sindrome da classe economica o trombosi del viaggiatore. Questo problema medico ha avuto sempre più eco nei giornali di tutto il mondo da quando, a ottobre dello scorso anno, una ragazza di 28 anni è deceduta per trombosi all’ospedale dell’aeroporto londinese di Heathrow dopo venti ore di volo da Melbourne a Londra. L’episodio ha suscitato clamore e ha fatto moltiplicare gli studi e le ricerche cliniche su questo aspetto della malattia. Secondo i medici dell’ospedale di Ashford nel Middlesex (dove vengono ricoverati i pazienti dell’aeroporto londinese), potrebbe essere di uno al mese l’incidenza dei decessi per trombosi imputabili al viaggio in aereo.

In uno studio condotto da un chirurgo dell’University Medical College School di Londra pubblicato sulla rivista medica inglese The Lancet del 12 maggio scorso (357:1485-89), è emerso che la coagulazione del sangue (di quelle che non lasciano tracce e non danno conseguenze) può interessare fino a dieci persone su cento viaggiatori. L’uso delle calze elastiche invece riduce questa percentuale. L’immobilità, cui costringono i viaggi superiori alle sei ore e in spazi ridotti, come per esempio in classe economica, è sicuramente il fattore scatenante della malattia, ma lo stesso discorso vale anche per chi viaggia in auto o in treno e interessa perfino chi sta seduto troppo a lungo al tavolo di lavoro. “In realtà la cosiddetta sindrome da classe economica”, precisa l’Associazione per la lotta alla trombosi (http://www.trombosi.org/), “non è una nuova malattia, ma è scientificamente nota come Trombosi venosa profonda (TVP). E’ provocata dalla formazione di un coagulo ‘improprio’ (trombo) all’interno di un vaso sanguigno, di solito nelle vene degli arti inferiori. Il trombo si può sciogliere da solo senza lasciare tracce oppure può tappare parzialmente o totalmente la vena, oppure rompersi in frammenti e giungere all’arteria polmonare o al cuore causando la morte per embolia polmonare o infarto”.

Come in tutte le patologie vi sono persone più predisposte di altre. I fattori di rischio sono l’età avanzata (dopo i 40 anni), il fumo, la gravidanza, l’obesità, i tumori, le terapie a base di ormoni – come l’uso pillola anticoncezionale -, i traumi, precedenti operazioni chirurgiche e la predisposizione familiare. Oltre a questi, i ricercatori dell’Università tedesca Humboldt hanno scoperto che all’origine della trombosi vi è una mutazione genetica. La causa del coagulo sarebbe quindi da ricercare in un gene che codifica per il fattore di coagulazione, cioè la protrombina. La mutazione può interessare da uno a due persone su cento, ma non sono ancora chiari i meccanismi che scatenano la trombosi. Per il momento, mentre la ricerca fa il suo corso, resta sempre valida la prevenzione. I consigli da seguire per ridurre il rischio sono pochi, ma efficaci. Durante il viaggio bisogna mangiare cibi leggeri, bere molta acqua prima e durante il volo e soprattutto alzarsi frequentemente, almeno una volta ogni ora e di tanto in tanto tendere le caviglie e roteare i piedi. E’ consigliabile anche indossare calze elastiche e, chi ha già avuto problemi di coagulazione, farebbe bene a chiedere il parere del medico sull’opportunità di assumere anticoagulanti prima del viaggio.

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