Quando lo Stato sbaglia

Mostrando la foto del corpo martoriato di suo figlio che ricorda quello di Stefano Cucchi, la madre di Manuel Eliantonio, morto nel luglio del 2008 a 22 anni nel carcere Marassi di Genova, ha aperto la conferenza “Quando lo Stato sbaglia” organizzata ieri al Senato dall’associazione radicale “Il detenuto ignoto”. I lividi ben visibili, il naso spaccato e le dita spezzate stonano un po’ con la versione ufficiale data dall’istituto penitenziario sulle cause della morte: intossicazione da gas butano. Pochi minuti per sintetizzare i quattro mesi di inferno che Manuel sembra avere vissuto nella prigione genovese e la parola passa a un’altra donna che non vuole rassegnarsi, la madre di Marcello Lonzi, morto nel 2003 a 29 anni nel carcere di Livorno. Anche in questo caso c’è qualcosa che non torna: la ricostruzione della caduta accidentale in cella trova pochi riscontri nell’autopsia che parla di 8 costole rotte e due buchi in testa.

Alla presenza di Emma Bonino, Rita Bernardini, Ignazio Marino e Ilaria Cucchi,  si sono susseguite le altre agghiaccianti testimonianze dei famigliari dei detenuti morti in circostanze oscure. Ci sono state le lacrime della madre di Katiuscia Favero che si rifiuta di credere che la figlia si sia impiccata cinque anni fa con un lenzuolo nel giardino dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere e lo sfogo commosso della madre di Riccardo Boccaletti lasciato morire senza cure a 38 anni nel carcere di Velletri.

Non è difficile immaginarsele, queste donne, sfilare tutte insieme davanti al Ministero della Giustizia, sollevando le foto dei loro figli e rivendicando il diritto a conoscere la verità. Potrebbe volerci poco a fare di Largo Arenula la nostra Plaza de Mayo, visto che i casi sospetti, da Stefano Cucchi in poi, stanno spuntando come funghi. E ai vecchi misteri se ne aggiungono di nuovi.

“E’ quando le due spirali perverse della malagiustizia e del malocarcere si incontrano che si verificano i drammi che stiamo ascoltando” ha detto Emma Bonino assicurando che manterrà lo sguardo vigile su un sistema carcerario che è a un passo dal collasso. Con un sovraffollamento record (66.000 detenuti a fronte di una capienza di 44.000) i nostri istituti penitenziari hanno registrato 72 suicidi nel 2009 (in Spagna ce ne sono due o tre l’anno), 860 tentativi di suicidio sempre nel 2009, 4.928 episodi di autolesionismo nel 2008.
 
Il governo però non sembra allarmarsi e così una mozione parlamentare, approvata alla Camera l’11 gennaio scorso, che prevede una riforma del sistema carcerario è rimasta lettera morta, nonostante le proteste di molti parlamentari tra cui Rita Bernardini (deputata e membro della Commissione giustizia della Camera) che è arrivata al 13° giorno di sciopero della fame.

“Ma le iniziative come quella di oggi mi fanno essere ottimista. Grazie al coraggio delle famiglie si è finalmente squarciato il velo della rassegnazione ed è stata fatta una breccia nel muro della disinformazione”, dice Rita Bernardini convinta che la trasparenza sia l’unica soluzione del problema. Ben vengano quindi le usuali visite di ferragosto da parte dei parlamentari e quelle saltuarie dei giornalisti durante l’anno. Meglio ancora sarebbe un’anagrafe pubblica delle carceri consultabile on line da tutti i cittadini dove reperire il maggior numero di informazioni, dal numero dei detenuti ospitati, alle attività svolte, alle spese sostenute.
La pensa così anche Ornella Favero di Ristretti Orizzonti (associazione che tra le altre cose realizza una rassegna stampa quotidiana sul carcere) che inoltre spera nell’istituzione di un osservatorio permanente sul carcere.

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