Quanto corre questo smog

Il restauro dei monumenti anneriti dallo smog cittadino è una fatica di Sisifo: non si fa in tempo a finire di ripulirli che già bisognerebbe ricominciare da capo. Lo sanno bene gli abitanti di Roma dove, sull’onda dell’evento giubilare, si sono svolti eccezionali interventi di restauro. A meno di due anni di distanza, il recuperato splendore di tante facciate è in molti casi già solo un ricordo. Ma quella che finora era una mera constatazione empirica, oggi è una verità scientificamente provata e perfettamente quantificabile. Uno strumento messo a punto dall’Istituto centrale per il restauro (Icr) e dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (Apat, ex Anpa) è in grado di misurare la velocità di annerimento delle superfici lapidee. Una velocità che in alcuni casi è impressionante. Al Museo Barracco di Roma, per esempio, superfici orizzontali appena restaurate e non esposte alla pioggia battente hanno perso il 25 per cento del loro biancore in soli 45 giorni. Ciò significa che fra un anno queste saranno completamente annerite, vanificando mesi di lavoro e i denari spesi per l’intervento (oltre un miliardo di vecchie lire).

Non meno preoccupanti i dati, ancora parziali, raccolti dal dispositivo (Eis, dal nome della azienda che lo ha realizzato) sulla Casa del Cantone, adiacente alla Chiesa di Sant’Eligio degli Orefici, tra via Giulia e una delle arterie più trafficate della Capitale, il Lungotevere dei Tebaldi. Anche in questo caso, in pochi mesi si è registrato un rapido scurimento della luminosità dei campioni in stucco a “gratinatura” che simulano la superficie dell’edificio, restaurato un paio di anni fa. Grazie a questo nuovo strumento, le soprintendenze avranno a disposizione dati certi in base ai quali stabilire piani di restauro preventivo e di manutenzione programmata. Per evitare di dover intervenire con complesse e costose operazioni di recupero. Anche e soprattutto perché non sempre è possibile ricostruire ciò che è andato perduto. I danni causati dall’inquinamento atmosferico (per lo più dalle emissioni delle automobili) non si limitano infatti all’oscuramento delle superfici.

Prodotto di una complessa dinamica, nella quale fanno la loro parte fattori chimici, fisici, biologici e climatici, le famigerate “croste nere” che deturpano tanti monumenti cittadini compromettono in modo irreparabile la qualità estetica dei manufatti: si “mangiano” le parti più superficiali della pietra e, nei casi più gravi, si infiltrano in profondità e determinano il distacco di intere parti. “Per questo”, dice Annamaria Giovannoli, responsabile del progetto per l’Icr, “piuttosto che intervenire ogni 25-30, sarebbe meglio ‘spolverare’ i monumenti ogni due-tre anni. Tra l’altro, si risparmierebbe fino a un quinto sui costi, che per una facciata storica sono di circa 500 euro al metro quadro, senza contare le spese per i ponteggi, la messa in sicurezza del personale e altro”.

Frutto di una decina d’anni di lavoro, Eis (per ora un prototipo) è la risposta dei tecnici del restauro a chi li accusa di proporre soluzioni troppo costose per il monitoraggio dei monumenti. Si basa sulla misura della variazione di luminosità delle superfici di colore bianco esposte orizzontalmente. Ha dimensioni ridotte, funziona automaticamente ed è quindi facilmente gestibile da personale non specializzato. Il prototipo costa 15 mila euro, una cifra contenuta per questo genere di apparecchiature, che consentirebbe l’impiego esteso sul territorio nazionale. Non solo per tenere d’occhio lo stato di annerimento di monumenti e opere d’arte e intervenire tempestivamente, ma anche e soprattutto per arrivare alla definizione di valori limite per gli inquinanti nell’aria che preservino i monumenti dal degrado. Soglie che potrebbero essere ancora più basse di quelle attualmente fissate a tutela della salute umana e degli ecosistemi. A differenza dei sistemi biologici, infatti, le superfici dei manufatti non hanno alcun meccanismo di autoprotezione, rigenerazione o smaltimento, e sono dunque ancora più vulnerabili. Su questa strada, che ad alcuni potrà apparire utopistica, il cammino è ancora lungo.

Da almeno dieci anni, la Carta del Rischio realizzata dall’Icr denuncia che tutte le città d’arte italiane sono minacciate dallo smog. Ma ancora non esiste una normativa che tuteli in questo senso le opere d’arte. A livello europeo, una svolta epocale in questa direzione è stato il V Programma Quadro, che per la prima volta finanziato studi sulla valutazione dei danni causati dall’inquinamento atmosferico al patrimonio culturale. I risultati di queste ricerche sono attesi per il 2003-2005. La parola allora passerà ai legislatori.

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