Quando si tratta di proteggere la salute dei cittadini, gli investimenti a basso profilo servono a poco. Lo ribadisce una ricerca italiana condotta in collaborazione con la London School of Hygiene and Tropical Medicine. Secondo lo studio – pubblicato su Environmental Health – per garantire l’efficacia delle politiche di bonifica sarebbe necessario formulare una attenta analisi costi-benefici. Obiettivo: tutelare la salute dei cittadini nel lungo periodo e fare investimenti adeguati.
La ricerca ha preso in esame due casi inseriti all’interno del Programma Nazionale di Bonifica, che ha individuato, già da tempo, decine di siti contaminati per cui è necessario avviare grandi opere di recupero. Tra questi, ci sono due poli industriali della Sicilia, Gela e Priolo, dove i finanziamenti ammontano a 127 e 774 milioni di euro. Tuttavia, per avere dei risultati concreti servirebbero fondi per diversi miliardi. Galileo ha chiesto spiegazioni a Fabrizio Bianchi, autore dello studio e dirigente di ricerca presso l’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr (Ifc-Cnr).
Dottor Bianchi, perché Gela e Priolo hanno bisogno di finanziamenti più consistenti?
“Si tratta di aree industriali colpite da 40-50 anni di inquinamento. Ci sono falde acquifere zeppe di composti tossici come arsenico, mercurio e cloruri, e non si può certo pensare di ripulirle con un colpo di spugna. La situazione richiede azioni di bonifica che risolvano il problema alla radice e tutelino la salute dei cittadini nel corso dei decenni. Il nostro studio dimostra che, per ottenere benefici tangibili tra 10-20-50 anni, si devono investire cifre molto più elevate di quelle stanziate oggi. Si parla di minimo 6,6 miliardi di euro per Gela e di 3,6 per Priolo”.
Come avete fatto a ricavare queste cifre?
“In primo luogo abbiamo analizzato i dati sull’inquinamento ambientale della zona incrociandoli con le informazioni sanitarie relative agli abitanti di Gela e Priolo. Confrontando la loro situazione con quella di una cerchia di municipalità limitrofe di riferimento, abbiamo individuato dei picchi nel numero di tumori e altre patologie croniche che affliggono la popolazione dei due comuni. Si tratta di anomalie che non possono essere spiegate in altro modo, e vengono di conseguenza attribuite all’inquinamento. Infine, grazie ai modelli economici dell’università di Londra, abbiamo calcolato la soglia oltre la quale gli investimenti per i piani di bonifica sono finalmente ripagati da una cospicua riduzione delle spese sanitarie”.
In cosa consiste questo risparmio sulle voci di spesa per la sanità?
“Il concetto è semplice: più si eliminano le fonti di inquinamento, più la salute dei cittadini migliora. Abbiamo calcolato che una bonifica radicale a Gela e Priolo potrebbe prevenire ogni anno fino a 47 morti premature, 281 casi oncologici e 2700 ricoveri in ospedale. E pensare che, da un punto di vista strettamente economico, la prevenzione dei tumori comporterebbe da sola un risparmio del 72% sulle spese di trattamento sanitario. Tuttavia, gli investimenti ministeriali stanziati finora coprono solo il 20% del valore soglia indicato per Priolo e il 2% di quello suggerito per Gela”.
Perché questa grande differenza tra i due finanziamenti?
“Sebbene Gela abbia più abitanti di Priolo, quest’ultima rappresenta un polo industriale più importante, dove si incontrano gli interessi di numerose realtà pubbliche e private. Nel primo caso, l’area dell’ex petrolchimico di Gela ospita solo la raffineria dell’Eni. Nel secondo, invece, sono presenti numerosi impianti di Enel, Esso ed Erg, che hanno iniziato a investire nel recupero dell’area. Insomma, Gela è stata abbandonata a se stessa. I 127 milioni promessi dal Ministero per il recupero della zona inquinata sono del tutto insufficienti a risolvere l’emergenza ambientale. È come fare il solletico a un elefante”.
A quale modello dovrebbe ispirarsi l’Italia?
“Il messaggio contenuto nel nostro studio è chiaro. Come ha detto il presidente Napolitano nel suo discorso, bisogna far ripartire il motore dei desideri e credere nel futuro. La bonifica ambientale, oltre ad avere effetti positivi sulla salute, rappresenta anche una grande opportunità di investimento economico. Per avere successo, il nostro paese deve innescare lo sviluppo di un nuovo settore tecnologico specializzato nel recupero delle aree contaminate. La Germania lo ha già fatto, ed eccola pronta ad esportare il suo know-how dove sono richiesti interventi su vasta scala, come in Cina e India. Noi, invece, siamo ancora chiusi tra le mura di casa”.
Riferimento: DOI:10.1186/1476-069X-10-68
Perchè non vale il principio “chi rompe paga ?”
Le industrie lucrano e i danni vanno a carico dei cittadini?