Quanto sono sicure le miniere in Italia

Il bilancio, finora, è di 382 morti. E purtroppo è ancora provvisorio, e probabilmente destinato a crescere. Parliamo, naturalmente, del disastro della miniera turca di Soma, nella provincia di Manisa, dove due giorni fa un’esplosione ha provocato un incendio e il crollo della struttura. Con conseguenze devastanti: oltre alle vittime accertate, tra cui un quindicenne, si teme ancora per il destino dei minatori intrappolati a quattrocento metri di profondità, dentro gallerie invase da fumo e monossido di carbonio. Il presidente Erdogan ha proclamato tre giorni di lutto nazionale ed è sotto attacco da parte dei sindacati dei lavoratori, che accusano il governo per le tremende condizioni di lavoro in miniera e per l’assenza di misure di sicurezza. Incrociando le dita per i lavoratori ancora da salvare – una situazione che ricorda molto l’incidente di San José di quattro anni fa, che ebbe fortunatamente esito positivo – proviamo a un recap sul problema di rischi e sicurezza nelle miniere, specialmente in merito a quello che attualmente succede in Italia.

“Bisogna anzitutto distinguere tra miniera e cava”, ci racconta l’ingegnere minerario Sergio Polselli dell’Associazione nazionale ingegneri minerari (Anim). “Non è vero, come comunemente si pensa, che le prime siano quelle in cui si svolgono attività di estrazione sotterranea e le seconde attività a cielo aperto. Dal punto di vista giuridico, in Italia si considerano ‘miniere’ tutti gli impianti in cui si estrae un minerale di prima categoria, come carbone e minerali metalliferi. Nel nostro paese, le miniere attive dal punto di vista industriale sono in numero molto esiguo, perché è molto difficile che risultino economicamente competitive rispetto ad attività condotte in altri paesi in cui i giacimenti – in termini di cubatura e tenore di minerali presenti – si presentano in condizioni più favorevolmente sfruttabili, in molti casi anche per il basso costo della manodopera impiegata”. E questo vale sia per le miniere o cave in sotterranea che per quelle a cielo aperto.

Naturalmente, le prime sono molto più difficili da costruire: “I fattori più importanti che ne complicano la progettazione sono tre”, spiega Ettore Bonaccorsi, un altro esperto dell’Anim. “Anzitutto, è necessario che i cantieri siano stabili rispetto a crolli e frane. È poi necessario un impianto di ventilazione che garantisca ai minatori aria respirabile abbassando la temperatura dell’ambiente di lavoro e asportando polveri e gas nocivi (per questa esigenza i cantieri sotterranei devono sempre essere dotati di due vie, una per l’ingresso dell’aria fresca e l’altra per l’uscita di quella viziata. Infine bisogna tener conto della cosiddetta eduzione delle acque, che consiste nell’evacuare l’acqua che per la permeabilità della roccia raggiunge il sotterraneo e quindi deve essere convogliata in bacini di raccolta dai quali sarà pompata in superficie”. Una minierasotterranea ben costruita deve essere dotata di una rete di gallerie intervallate con una serie di pilastri e diaframmi che ne garantiscano la stabilità verticale e orizzontale rispetto ai vuoti che verranno creati dall’attività estrattiva. Si tratta di misure di sicurezza assolutamente obbligatorie in Italia, ma che forse non sono state rispettate nella progettazione dell’impianto turco.

I rischi, naturalmente, ci sono sempre. “Tra le miniere più pericolose”, dice Polselli, “ci sono quelle a carbone, minerale cui è spesso associata la presenza del famigerato grisou (miscela esplosiva di metano ad aria), che può esplodere in presenza di sorgenti d’ignizione (fiamme libere, incendi, scariche elettriche per corto-circuiti) e che generalmente non è presenze in miniere di altro tipo. Il tragico incidente di Marcinelle avvenne proprio a causa del grisou. In Italia, comunque, non esistono più miniere di carbone. Anche l’ultima attività di questo tipo, nel Sulcis in Sardegna, si avvia ormai alla chiusura”. Anche il disastro di Soma è da ascriversi all’attivazione di una sacca di grisou. Dev’essere stato un vero inferno: “Le conseguenze delle esplosioni in sotterraneo sono il manifestarsi di incendi che producono lo sviluppo di ossido di carbonio (letale per il personale), l’innalzamento della temperatura e a volte crolli importanti di porzioni del sotterraneo a causa dell’onda d’urto dovuta all’esplosione”.

Fortunatamente, in Italia le procedure di sicurezza sono estremamente rigide: “La legge prevede che si compia un’accurata analisi dei rischi da parte del datore di lavoro”, spiega ancora Polselli. “che è tenuto a redigere uno specifico documento, in cui a fronte dei rischi individuati adotta adeguate contromisure volte a eliminare il rischio e, laddove la cosa risultasse inattuabile, mettere in atto quanto necessario per far fronte al rischio residuo”. Le norme prevedono anche l’istituzione di un servizio di salvataggio appropriato “per condurre rapidamente ed efficacemente un’azione adeguata in caso di gravi incidenti”, aggiunge Bonaccorsi. “Il servizio deve poter disporre di un numero sufficiente di soccorritori addestrati e di materiale di salvataggio adeguato. Inoltre, si devono effettuare esercitazioni di sicurezza periodiche per fronteggiare emergenze come esplosioni e crolli, addestrando le persone cui siano assegnati compiti richiedenti l’impiego, la manipolazione o la messa in funzione di attrezzature di salvataggio”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Stephen Codrington via Wikipedia

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