La morte degli abitanti di Ercolano per l’eruzione vesuviana del 79 d.C fu immediata. E non avvenne per asfissia ma per calore: in pochi secondi una nube incandescente li avvolse, provocando l’evaporazione di muscoli e organi interni. A rivelarlo sulla rivista Nature un team di quattro studiosi italiani insieme a un fisiologo di Cambridge. Lo studio smentisce quanto si riteneva sinora, ovvero che l’intera popolazione della cittadina napoletana fosse stata coperta e poi soffocata dalla cenere. Per ricostruire gli ultimi istanti di vita delle persone che si trovavano in alcuni locali situati sulla spiaggia di Ercolano, probabilmente ricoveri per barche, i ricercatori hanno analizzato ottanta dei circa trecento corpi ritrovati. Gli archeologi hanno esaminato gli scheletri ripuliti dalla cenere, rilevando qualsiasi tipo di frattura, comprese le lesioni dello smalto dei denti, e l’annerimento di alcune parti ossee. Successivamente sono stati considerati tutti i parametri necessari per calcolare la temperatura al momento dell’eruzione. Così si è potuto formulare l’ipotesi su ciò potrebbe essere accaduto: una massa di cenere e gas della temperatura di 500 gradi si sarebbe rapidamente insinuata nei locali in cui si erano riparate alcune persone, provocandone la morte istantanea. Sul prossimo numero del magazine di Galileo, in rete da venerdì sera, un articolo di approfondimento su questa scoperta. (g.p.)
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