Quel che resta di Fukushima

Una muraglia di acciaio lunga 800 metri per sigillare le faglie sotterranee di Fukushima. È questa l’ultima misura di contenimento progettata dalla Tepco al fine di arrestare le perdite di acqua radioattiva localizzate nella centrale nucleare danneggiata dal sisma dell’11 marzo scorso. Ma questa non è l’unica preoccupazione dei giapponesi, che si trovano a dover gestire anche 34 siti contaminati dal fall-out. Ecco un aggiornamento di tutto quello che sta accadendo in Giappone.

I lavori alla centrale
Nei lavori di messa in sicurezza i tecnici della Tepco sono affiancati da un migliaio di operai arruolati all’esterno dell’azienda. Secondo la roadmap pubblicata dall’azienda, il compito principale delle squadre è quello di assicurare il corretto funzionamento dell’impianto di raffreddamento del combustibile radioattivo, sprofondato nelle fondamenta di Fukushima il giorno del terremoto. Proseguono, inoltre, i lavori per la realizzazione di una copertura per il reattore 1, il cui soffitto era stato disintegrato da un’esplosione di gas d’idrogeno.

Sembra che i livelli di radioattività all’interno dell’impianto giapponese stiano lentamente calando, tanto da far sperare che la situazione possa essere normalizzata entro i primi mesi del 2012. Tepco ha annunciato, infatti, di voler rimuovere al più presto il materiale radioattivo, ma per farlo avrà bisogno di allagare nuovamente le camere di alloggiamento dei reattori.

Questa procedura suscita non poche preoccupazioni tra gli esperti nucleari, visto che già in precedenza i responsabili Tepco avevano dovuto sospendere le iniezioni di acqua dopo aver riscontrato massicce perdite di liquidi radioattivi (Vedi Galileo: Fukushima, le nuove verità della Tepco). Non a caso, la barriera sotterranea progettata dagli ingegneri giapponesi dovrebbe impedire proprio che un incidente del genere si ripeta. Tuttavia l’opera – costituita da lastre di acciaio sigillate da immense colate di cemento – non sarà terminata  prima del 2013.

L’inquinamento ambientale
Le prefetture giapponesi e il Ministero della Scienza (Mext) hanno costantemente monitorato il livello di radiazioni sul territorio nazionale. Come si può vedere dalle mappe pubblicate online, ci sono ben 34 siti in cui la contaminazione da cesio-137 ha superato gli 1,48 milioni di becquerel per metro quadro (Bq/m2), ovvero la stessa soglia oltre la quale fu resa necessaria l’evacuazione di Chernobyl nel 1986.

Tra le aree a rischio – situate entro un raggio di 100 km dalla centrale di Fukushima – ci sono almeno sei municipalità che superano i livelli del disastro sovietico. Due di queste, Futaba e Okuma (con i suoi 15,45 milioni Bq/m2), rischiano di rimanere disabitate per almeno 20 anni. Alle famiglie che vivono in città, è stato concesso di tornare sul posto solo per recuperare i propri averi prima dell’evacuazione definitiva: si tratta di altre 300 famiglie che vanno ad aggiungersi ai più di 80 mila sfollati che finora hanno dovuto abbandonare le proprie case.

I contaminanti radioattivi hanno causato, inoltre, molti danni a coltivazioni e allevamenti della zona. In attesa di testare l’efficacia di un processo per rimuovere i radionuclidi dal suolo, molti agricoltori situati nelle zone limitrofe alle centrale hanno dovuto lasciare le risaie per via degli eccessivi livelli di cesio-137. Nel frattempo, gli allevatori della prefettura di Fukushima hanno abbandonato 1000 capi di bestiame nei pressi dell’impianto: sono gli stessi animali che pochi mesi prima avevano alimentato lo scandalo delle partite di carne contaminata diffuse nei supermercati di Tokyo (Vedi Galileo: Le bistecche radioattive di Fukushima).

foto credit: AP Photo/Tokyo Electric Power Co.

1 commento

  1. Alla fine di tutta questa storia, il numero di morti sarà … basso e incerto, così come è successo a Chernobyl.
    D’altra parte, il costo economico di questa tragedia è enorme.
    In linea di principio, l’ energia elettrica prodotta dal nucleare ha un costo molto interessante.
    Ma i costi associati a questa modalità di produzione elettrica possono essere schizzare verso l’ alto e diventare esorbitanti, al punto da mettere quasi in ginocchio un Paese come il Giappone. E di ciò non si può non tenere conto.

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