Quel teletrasporto è sospetto

La notizia sembra fatta apposta per finire sulle prime pagine dei quotidiani. E forse lo è. Un gruppo di ricercatori australiani avrebbe compiuto un grande passo avanti verso la realizzazione del teletrasporto, spostando istantaneamente un raggio laser da un lato all’altro di una stanza. Teletrasporto più laser, Star Trek più Guerre Stellari: gli inevitabili richiami alla fantascienza comparsi nei titoli di giornale hanno sicuramente indispettito più di un fisico. Questa volta, però, forse non è tutta colpa dei giornalisti. L’impressione è che a cavalcare l’onda della fantascienza sia stato anche qualche scienziato, o perlomeno qualche ministro. “Il teletrasporto (cioè la scomposizione di un oggetto in un luogo e la sua ricostruzione in un luogo diverso nel giro di qualche secondo, ndr) è stato sperimentato con successo in un laboratorio di fisica in Australia”, recita il comunicato ufficiale che ha diffuso la notizia, a firma del ministro australiano per la scienza Peter McGauran. E ancora: “Il risultato conferma che in teoria è possibile teletrasportare oggetti solidi” e “fa dell’Australia, e dell’Università Nazionale Australiana, un leader mondiale della scienza di frontiera”. Dopodiché, il comunicato descrive per sommi capi l’esperimento, che sarà presentato a Mosca la settimana prossima: un gruppo di ricercatori guidati da Ping Koy Lam ha ottenuto, all’università di Canberra, il teleporting quantistico dell’informazione legata a un raggio laser. In altre parole le proprietà di un fascio di fotoni sono state ‘trasferite’ a un altro fascio di fotoni a circa un metro di distanza. Secondo Francesco De Martini, fisico dell’Università La Sapienza di Roma, quello australiano sembra essere un miglioramento di un esperimento condotto già nel 1998 in California da Jeff Kimble. “Sembra”, perché nulla di ufficiale sull’esperimento è stato pubblicato fino a oggi. E questo è in realtà l’aspetto più sorprendente. “E’ molto strano che chi, come me, fa ricerca da anni in questo settore abbia ricevuto la notizia dai giornali. Ed è ancora più strano che l’annuncio sia arrivato non dai ricercatori, ma da un ministro”. L’impressione, insomma, è che in Australia si sia approfittato di ciò che la parola teletrasporto evoca, Star Trek incluso, per fare un po’ di promozione della ricerca nazionale. “Quando gli esperimenti sono così difficili”, continua De Martini, “se qualcuno fa qualcosa di interessante lo si viene a sapere nel giro di una settimana. Io non ho mai incontrato né sentito nominare queste persone”. Eppure il fisico italiano di teletrasporto quantistico ne sa qualcosa. É suo il primo esperimento che nel 1997, a Roma, ha dimostrato sperimentalmente la possibilità di trasferire le caratteristiche di un fotone, in modo pressoché istantaneo, a un’altra particella situata a qualche metro di distanza.”Il teleporting quantistico sfrutta la non località, una proprietà veramente straordinaria della meccanica quantistica: due oggetti che ‘nascono’ insieme continuano a ‘sentirsi’ fra loro, anche a distanza di tempo e dopo essersi separati”. La forma classica dell’esperimento è questa: viene emessa una coppia di fotoni, di cui uno viene inviato all’emittente e una a il ricevente. Se il primo misura una proprietà del fotone, per il principio di indeterminazione qualche proprietà di quel fotone verrà modificata dall’atto stesso dell’osservazione: il fotone ricevuto dal ricevente, che è ‘legato’ all’altro, subirà nello stesso istante la stessa modificazione. Di per sé questo non permette di trasferire informazioni in modo utile, né di trasferirle a velocità superiore a quella della luce: l’informazione ricevuta da ricevente sarà ambigua, senza una trasmissione classica, una telefonata che gli dica la chiave per interpretare il messaggio. Così il principio di causalità è salvo, perché l’informazione arriva effettivamente a destinazione a velocità inferiore a quella della luce. Quello che si può fare è affidare la maggior parte dell’informazione al ‘canale’ non-locale, e affidare alla ‘telefonata’ solo la chiave per decodificarla. Questo ha fatto De Martini con due fotoni, e questo, per quanto si può capire, hanno fatto a Canberra, con due raggi laser ‘legati’ tra loro, a circa un metro di distanza. Quanto alle possibilità di trasporto di oggetti dotati di massa, è vero che, tra i vari gruppi di ricerca che lavorano sul teletrasporto, c’è qualcuno che utilizza atomi, corpi dotati di massa, al posto dei fotoni che ne sono privi: ma quello che si sposta è sempre l’informazione su di essi, e non la massa. Non si tratta di ‘smaterializzare’ un corpo per ricrearlo da un’altra parte, ma di trasferire l’informazione legata alle proprietà di un oggetto, che non cessa di esistere, a un altro oggetto, che già esisteva.In realtà, ripete ancora De Martini, le possibili applicazioni del teletrasporto sono due, e nessuna ha a che fare con i viaggi nello spazio. Da un lato, ancora molto di là da venire, c’è il computer quantistico: un super calcolatore, che sfrutta le proprietà della meccanica quantistica per effettuare più velocemente un maggior numero di operazioni. Dall’altro, c’è la crittografia quantistica, una delle più imprevedibili applicazioni del principio di indeterminazione, già utilizzata da alcune banche: se una informazione viaggia associata allo stato quantico di un fotone, un ‘intruso’ che intercettasse la comunicazione, per il solo fatto di osservare il fotone, ne modificherebbe le proprietà, e sia l’emittente che il ricevente se ne accorgerebbero.

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