Quella conchiglia fa meglio dell’oppio

Il rimedio contro il dolore arriva dall’oceano. Nel veleno di una conchiglia che vive nei mari delle Filippine, il “Conus magus”, appartenente alla famiglia dei Conus, è stato infatti trovato un peptide dotato di un potentissimo effetto antidolorifico, mille volte superiore rispetto a quello della morfina. L’identificazione e lo sviluppo della SNX-111 o Ziconotide, così si chiama la proteina antidolore, sono avvenuti nei laboratori della Società di Biotecnologie Neurex in California, dopo oltre dieci anni di ricerche. Dell’équipe ha fatto parte anche il chimico italiano Roberto Crea.

La scoperta, illustrata al Cnr di Roma durante un convegno sulla ricerca italiana all’estero dal titolo “Scienza, Innovazione e Impresa”, rappresenta un ulteriore passo avanti nella terapia del dolore. La speranza di riuscire a trovare un rimedio efficace e innocuo per alleviare la sofferenza fisica è forte, visto che nel mondo sanitario esistono ancora molte riserve sull’uso estensivo dei derivati dell’oppio, come la morfina, a causa degli effetti collaterali e del timore di indurre dipendenza. Nei soli Stati Uniti oltre 80 milioni di persone sono afflitte da dolore cronico e vengono spesi più di 100 miliardi di dollari l’anno in costi diretti e indiretti correlati alla sofferenza. Il dolore associato al cancro, secondo stime diffuse dall’Organizzazione mondiale della sanità, colpisce ogni giorno nel mondo più di tre milioni di pazienti, ma questo numero è destinato ad aumentare.

L’identificazione della SNX-111 parte da lontano. “Già lo scienziato filippino Baldomero Olivera – spiega Crea – aveva precedentemente osservato più di dieci anni fa che il veleno della chiocciola marina era in grado di paralizzare la preda, grazie alla presenza di diverse neurotossine in seguito studiate più a fondo negli Stati Uniti. Il fatto che uno di questi peptidi, la SNX-111, paralizzasse in pochi secondi il sistema nervoso, ci ha spinto studiare sotto un’altra luce la sostanza. Questa si è dimostrata capace di interrompere il segnale doloroso durante il suo tragitto dal midollo spinale al cervello. In altre parole di “spegnere il circuito del dolore”.

Qual è dunque il meccanismo d’azione della SNX-111? “Normalmente – chiarisce Crea – prima di raggiungere il cervello, laddove il dolore viene percepito, lo stimolo nervoso di tipo dolorifico passa attraverso il midollo spinale. Ed è proprio qui, in una particolare zona dove risiede un numero elevatissimo di cellule nervose specializzate nella trasmissione del dolore associato a disfunzione dei nervi (il corno posteriore del midollo spinale), che la Ziconotide agisce bloccando l’impulso dolorifico”. Praticamente lo blocca a metà strada.

I ricercatori della Neurex hanno infatti scoperto che in vivo e in vitro la Ziconotide si lega ai canali del calcio di tipo N dei neuroni, bloccando selettivamente l’entrata di questo ione. Il calcio gioca un ruolo importante nella funzione nervosa, perché inibisce il rilascio dei neurotrasmettitori necessari per la trasmissione del dolore al cervello. Il meccanismo d’azione della Ziconotide è quindi del tutto diverso da quello della morfina, che invece combatte il dolore legandosi a recettori specifici localizzati nel midollo spinale, nell’encefalo e nel tronco cerebrale.

La molecola è stata sperimentata prima sui topi e poi sull’uomo in studi clinici condotti in vari ospedali e centri medici degli Stati Uniti. La sua efficacia è stata dimostrata su oltre 300 pazienti affetti da dolore intrattabile e maligno di tipo cronico (quel dolore spesso associato al cancro e all’Aids) e da quello cronico non maligno, associato all’amputazione di un arto. La documentazione è stata già depositata presso la Fda, l’agenzia che negli Stati Uniti sovraintende alla registrazione dei farmaci, e la molecola si trova ora nella fase finale di approvazione. Il sì alla commercializzazione dovrebbe arrivare entro il 1999.

Secondo Roberto Crea, la Snx-111 potrebbe essere testata nei prossimi mesi anche contro il dolore acuto, come quello postchirurgico e da parto. “Anche perché – spiega – la Ziconotide non determina effetti collaterali seri, e si è visto che non dà assuefazione né dipendenza. Non devono essere aumentate cioè le dosi man mano che la terapia va avanti. Inoltre la molecola non compromette lo stato di lucidità dei pazienti, che durante la terapia tornano a una vita quasi normale”.

Per ora la terapia è possibile solo in ospedale, perché il farmaco viene iniettato nel midollo spinale, a livello della vita, attraverso una pompetta inserita sottocute e ricaricata una volta al mese per permettere il rilascio. Se sarà trovata una via di somministrazione alternativa le sue indicazioni potranno essere ampliate, per esempio al dolore da parto e a quello postchirurgico.

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