Quell’orbita piena di rottami

Dopo mesi di tira e molla il prossimo 20 marzo arriverà il giorno fatidico: dopo 15 anni di onorato (e un po’ travagliato) servizio verrà fatta rientrare la stazione spaziale russa Mir. Eufemismo per dire che la gloriosa stazione si disintegrerà in gran parte al contatto con l’atmosfera e i suoi rottami più pesanti si inabisseranno nell’Oceano pacifico al largo dell’Australia. In questo caso le autorità hanno deciso di distruggere un oggetto lanciato nello spazio e non più operativo. Ma molti sono i satelliti e le sonde che orbitano intorno alla Terra dopo la fine della loro vita operativa. E che ormai frammentati sono ridotti allo stato di rottami. Oggetti che accumulandosi nel tempo rappresentano un pericolo sempre maggiore per i satelliti nuovi. Il rischio maggiore è la velocità a cui viaggiano questi detriti: una massa di soli 100 grammi, per esempio, possiede l’energia di circa un chilogrammo di esplosivo. Una forza che può danneggiare irrimediabilmente un satellite funzionante.

Sono circa novemila gli oggetti con dimensioni maggiori di 10 centimetri fuori controllo catalogati che volano in orbite basse (quelle pericolose per i satelliti). Stati Uniti e Russia (che ha ereditato i rottami spaziali dell’ex-Urss) sono largamente in prima fila, con 3900 oggetti ciascuno. Seguono i paesi dell’Agenzia spaziale europea e la Cina Popolare con 227 e 124 detriti rispettivamente.

I maggiori episodi recenti di frammentazione sono da imputare soprattutto a lanciatori della Federazione Russa e della Repubblica Cinese. Dal 14 marzo 1998 al 19 maggio 2000, secondo l’ufficio della Nasa per i detriti spaziali, sono stati osservati diversi episodi di frammentazione, tutti di mezzi lanciati da paesi dell’est: un razzo cinese, un motore di riserva Gorizon, un satellite Molniya e otto stadi e motori di lanciatori di satelliti Cosmos, tutti russi. Naturalmente questi episodi riflettono la carenza delle misure di sicurezza che vigeva (non solo all’est) negli anni Ottanta, epoca della progettazione e della realizzazione di questi lanciatori. Tuttavia le agenzie spaziali della Russia e della Cina sembrano riluttanti o incerte, anche per motivi economici, a mettere in opera appropriate misure di sicurezza nei progetti e nelle operazioni dei lanciatori.

La maggior parte delle osservazioni dei detriti spaziali sono condotte dagli Stati Uniti che usano il gigantesco sistema di radar militari del North America Air Defense Command (Norad), realizzato per avvistare i missili balistici intercontinentali. I dati orbitali così ottenuti vengono poi forniti a tutte le agenzia spaziali. Ciò pone la Nasa in una posizione privilegiata e influente in ogni questione che riguarda i detriti spaziali. È quindi praticamente impossibile mettere in opera misure di protezione senza l’assenso e la collaborazione della Nasa.

Ma allora chi dovrebbe occuparsi dell’inquinamento spaziale? L’Inter-Agency Space Debris Coordination Committee (Iadc) è ora il principale organismo nel mondo che si occupa della faccenda. Ne fanno parte le maggiori agenzie tra cui la Nasa, l’Esa, l’Asi, e le agenzie giapponese, cinese e russa. Una grande quantità di lavoro tecnico e politico viene condotta durante le assemblee generali organizzate ogni dieci mesi. E’ stato raggiunto un sostanziale consenso circa i principali aspetti tecnici, in particolare per quanto riguarda i programmi di calcolo e la progettazione di scudi di protezione a protezione dei satelliti nuovi. L’elaborazione di accordi su possibili misure di prevenzione è stata, invece, più difficile e ha richiesto pazienza e diplomazia.

La principale misura approvata dall’Iadc riguarda la protezione dell’orbita geostazionaria a 35.786 chilometri quota, assai affollata di satelliti per telecomunicazioni. Consiste nel prescrivere una quota minima sopra la quale ogni satellite deve venire portato alla fine della sua vita operativa. Secondo l’ufficio dei detriti spaziali della Nasa, nel biennio 1997-98, su 38 satelliti geostazionari dismessi, 26 sono stati portati almeno 300 chilometri lontano dall’orbita geostazionaria e 12 sono stati abbandonati. Di questi la maggior parte sono russi e cinesi. Ma secondo l’Agenzia spaziale russa questo problema potrebbe al più presto risolversi. Già tra il febbraio e il luglio 2000, 12 satelliti sono stati spostati al di sopra della quota geostazionaria. Un passo avanti rispetto al passato. Ma che dovrà essere seguito da altri. Cercando di preoccuparsi anche dei satelliti e delle sonde meno famosi che, al contrario della Mir, non conquistano le prime pagine dei giornali.

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