La fauna del Madagascar è ricca di animali endemici, che non vivono in alcun altro luogo della Terra. Pensiamo ai lemuri, ai fossa o alle volpi volanti. Ma come sono arrivati sull’isola gli antichi progenitori di queste specie animali? Facendo rafting nelle acque che separano l’Africa e il Madagascar. Lo affermano su Nature Matthew Huber della Purdue University, negli Stati Uniti, e Jason Ali dell’Università di Hong Kong.
Africa e Madagascar si sono separate ben 120 milioni di anni fa. Dal momento che i mammiferi del Madagascar si sono evoluti da progenitori africani giunti sull’isola nel Cenozoico, da 65 a 20 milioni di anni fa, la domanda nasce spontanea: come hanno fatto mammiferi incapaci di nuotare e volare ad attraversare lo stretto del Mozambico, un canale lungo circa 430 chilometri che separa i due lembi di terra?
Alcuni sostengono che gli animali raggiunsero l’isola camminando su ponti di terra sopraelevati che sarebbero poi stati sommersi dalle acque. Ma l’ipotesi contraddice la teoria della tettonica a placche e non è supportata da evidenze geologiche. Queste considerazioni hanno spinto Huber e Ali a riconsiderare il lavoro del noto paleontologo ed evoluzionista statunitense G. G. Simpson, secondo cui i mammiferi africani giunsero in Madagascar via mare trasportati da tronchi di albero o reti di vegetazione formatesi in seguito a violente tempeste.
Il punto debole dell’idea di Simpson sta nel fatto che le correnti oceaniche tra l’Africa e il Madagascar soffiano in direzione Sud e Sud-ovest, cioè lontano dall’isola, e non verso questa. Ma l’obiezione cade di fronte ai nuovi dati. I ricercatori hanno elaborato modelli paleo-oceanografici, scoprendo che durante il Cenozoico le correnti oceaniche correvano in direzione contraria a quella attuale: dalla Tanzania e il Mozambico verso il Madagascar. Solo in seguito, con il progressivo spostamento dell’isola verso Nord, il flusso delle correnti avrebbe assunto lo schema attuale. (m.s.)
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