Il nostro cervello riconosce la differenza tra realtà e realtà virtuale. Impossibile ingannarlo quindi, anche in presenza di simulazioni verosimili. Lo conferma uno studio effettuato dai ricercatori del San Raffaele di Milano, dell’Istituto di Neuroscienze e Bioimmagini del C.N.R., dell’Università Vita-Salute San Raffaele e dell’Università Milano-Bicocca, pubblicato sul numero di settembre della rivista Neuroimage. Le diverse reazioni a livello cerebrale provocate da due mani, una reale e una rappresentata dalla realtà virtuale immersiva, sono state ‘fotografate’ dalla tomografia a emissione di positroni (Pet). I ricercatori hanno osservato che nelle due condizioni considerate si attivano aree cerebrali diverse. Per l’esperimento, un gruppo di volontari ha osservato in posizione immobile e senza “filtri” i movimenti della mano destra di un esaminatore nell’atto di afferrare oggetti geometrici reali dislocati nello spazio. Successivamente, i volontari hanno indossato degli occhiali tridimensionali per vedere riprodotta su un monitor la mano virtuale che afferrava gli stessi oggetti. “Entrambi i movimenti attivano aree cerebrali specifiche, ma soltanto con quelli della mano vera su oggetti reali si accendono delle regioni del cervello che sottendono le rappresentazioni delle azioni”, spiega Ferruccio Fazio, uno degli autori della ricerca, illustrando i dati raccolti dalla Pet. Si tratta, in questo caso, di azioni apprese e memorizzate nel corso della vita e che, ogni giorno, ci servono per agire nell’ambiente circostante e capire le intenzioni degli altri. Proprio queste, al contrario delle azioni prodotte dalla realtà virtuale, attivano l’emisfero destro del lobo parietale, quello cioè che verifica le relazioni tra le parti del corpo e lo spazio. (p.c.)
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