Un significativo step per la fusione nucleare: il reattore coreano Kstar (Korea Superconducting Tokamak Advanced Research) ha mantenuto la temperatura del plasma a 100 milioni di gradi Celsius per 48 secondi, 18 secondi in più rispetto al record precedente. Un risultato niente affatto banale, che per gli esperti rappresenta un altro passo avanti verso l’impiego della fusione nucleare come tecnologia energetica.
Kstar è un tokamak, un reattore nucleare sperimentale a forma di enorme ciambella al cui interno, attraverso l’applicazione di campi magnetici, vengono confinati degli isotopi di idrogeno per creare il plasma (uno stato della materia in cui gli ioni e gli elettroni sono separati tra loro). Gli ioni, poi, vengono scaldati a temperature elevatissime per creare un plasma ad alta densità in cui possono verificarsi reazioni di fusione atomica, cioè quelle che avvengono nelle stelle, liberando enormi quantità di energia.
Un ulteriore passo in questa direzione, però, è stato compiuto. I responsabili di Kstar hanno annunciato, infatti, di essere riusciti a portare la temperatura del plasma all’interno del tokamak a 100 milioni di gradi Celsius e a mantenerla per 48 secondi, superando il record di 30 secondi realizzato nel 2021.
Il nuovo traguardo, spiegano, è stato raggiunto grazie a modifiche apportate ai cosiddetti divertori del reattore (componenti che servono a gestire il calore e a convogliare i prodotti di scarto) e al processo stesso. In particolare sono stati usati divertori in tungsteno, un materiale che ha un elevato punto di fusione e che non interagisce con il plasma come invece fa il carbonio, e con una forma diversa rispetto a quelli impiegati in precedenza.
Non solo, i ricercatori sono anche riusciti per la prima volta a mantenere il plasma in uno stato a elevata efficienza, chiamato “modalità H”, per 102 secondi: un risultato eccezionale se comparato ai pochi secondi dei tentativi precedenti, e che segna un significativo progresso nella tecnologia. Idealmente, infatti, una centrale elettrica a fusione del tutto operativa dovrebbe funzionare a temperature critiche in modalità H per periodi abbastanza lunghi perché il processo sia sostenibile, ossia restituisca più energia di quanta ne serva per avviarlo.
Gli scienziati che si occupano di Kstar sperano di superare presto la soglia dei 50 secondi a 100 milioni di gradi centigradi, con l’obiettivo di arrivare a 300 secondi entro il 2026. Un bagaglio di successi e di conoscenze che confluirà nel futuro reattore termonucleare internazionale (Iter) che si sta assemblando nel sud della Francia.
Via: Wired.it
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