Redazioni divise da Internet

Giornalisti e Internet, un rapporto destinato a consolidarsi ma che al momento rimane ancora lontano dal matrimonio. Se è opinione comune che la rete sta cambiando faccia al modo di fare comunicazione, non tutti i redattori sembrano infatti aperti a un’entrata trionfale della telematica nelle redazioni. Secondo alcuni risultati, emersi da una ricerca promossa dalla Scuola di giornalismo “Dante Alimenti” di Roma, un giornalista su tre non avrebbe addirittura mai usato la rete. L’indagine, realizzata in collaborazione con l’Associazione stampa romana, la società Amitié e il Dipartimento di sociologia dell’Università di Roma “La Sapienza”, si è concentrata sulle interviste di oltre 150 giornalisti: tutti operatori che praticano la professione da almeno dieci anni all’interno di tv, quotidiani, agenzie, radio, uffici stampa e periodici.

Il tiepido interesse per la rete all’interno delle redazioni è confermato anche dall’uso limitato della posta elettronica: solo il 42 per cento degli intervistati fa un uso abituale di e-mail. E sempre meno della metà dei giornalisti contattati, una percentuale piuttosto esigua se si pensa che si tratta di comunicatori, accende il modem per navigare almeno una volta al giorno. Non a caso la metà del campione esaminato non ha ancora capito quanto e in che modo la telematica può essere utile alla professione. L’impressione che si ottiene da questo studio preliminare è che le redazioni siano ormai spaccate in due: da una parte i giornalisti che si adeguano all’imperversare delle nuove tecnologie, dall’altra quelli che sembrano ancora piuttosto diffidenti verso mezzi di comunicazione come Internet.

Per capire i motivi della freddezza dei redattori verso ciò che viaggia in rete, la scorsa settimana la Federazione nazionale della stampa ha organizzato a Roma una tavola rotonda dal titolo “Una rete di notizie: Internet dentro e fuori le redazioni giornalistiche”. Un appuntamento a cui hanno partecipato diversi studiosi del cybergiornalismo e alcuni rappresentanti di testate digitali nazionali. Chi meglio di loro avrebbe potuto interpretare le origini di questa disaffezione per la telematica?

Molte le opinioni espresse, non sempre sulla stessa lunghezza d’onda. Su un dato però tutti i partecipanti al convegno si sono trovati d’accordo: l’avvio di corsi di aggiornamento professionale per acquisire un minimo di competenza nell’uso di nuove tecnologie on line. “L’evolversi impetuoso dei new media – ha spiegato Paolo Serventi Longhi (http://www.fastnet.it/associazioni/sigim/sommario/3.html), segretario nazionale della Fnsi – rende ormai impellente la revisione di alcuni capitoli del nuovo contratto giornalistico. E in questo senso ci stiamo dirigendo, per rendere le regole il più possibile adeguate ai tempi”.

Mario Morcellini, professore di Scienze della comunicazione all’Università “La Sapienza” di Roma, ha invece bacchettato coloro che “continuano a lamentarsi per una crisi editoriale ormai sotto gli occhi di tutti, senza concentrarsi sulle enormi possibilità di rivalsa e trasparenza offerte da Internet”. Un invito subito raccolto da Cesare Protettì, caposervizio Internet dell’agenzia Ansa (http://www.ansa.it): “E’ ora di finirla con l’incentivare polemiche sulla commistione di competenze tra redattori e poligrafici: il giornalista è destinato a impadronirsi di certe conoscenze tecniche, esattamente come ha fatto anni addietro quando ha imparato ad usare la macchina da scrivere. Allo stesso modo il tecnico specializzato in telematica può tranquillamente lavorare dati ‘grezzi’, non modificabili nei contenuti, senza per questo invadere il campo del giornalista”.

Che questo sia il punto della questione è stato ribadito anche da Guido Bruschi, del sito della Gazzetta dello sport (http://www.gazzetta.it): “I nuovi software editoriali, sempre più semplici e amichevoli, non hanno bisogno di particolari competenze tecniche. Alcuni programmi nemmeno richiedono l’intervento del poligrafico”. E allora perché questo ostracismo per il digitale? “E’ evidente che si tratta di una difficoltà culturale”, taglia corto Tedeschini Lalli di Repubblica on line (http://www.repubblica.it). Come dire, il giornalista non vuole fare quello che non ha mai fatto e si nasconde dietro le regole.

La prima mossa potrebbe allora essere quella di rendere meno rigidi i paletti che delimitano il confine tra competenze giornalistiche e funzioni prettamente tecniche. La Fnsi ha già messo a punto il gruppo di lavoro che scriverà le nuove regole, più aperte all’acquisizione degli strumenti che il progresso mette a disposizione dei giornalisti. E presto partiranno, è stato promesso dai presenti, dei corsi di aggiornamento per operatori dell’informazione a digiuno di multimedialità ed Internet. Ma tutto questo basterà a convincere i redattori che è finito il tempo di andare in giro soltanto con penna e taccuino?

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