Relatività generale e orari dei treni

Peter Galison

Einstein’s clocks, Poincaré’s maps. Empires of time

Sceptre 2003

pp. 192, euro 25,00

C’è qualcosa che unisce l’affaire Dreyfuss e la matematica di fine Ottocento? La sincronizzazione dei segnali sulle linee ferroviarie e la teoria della relatività? La repressione delle rivolte in India contro l’impero britannico e le onde elettromagnetiche dei cavi telegrafici?Fino a oggi pochi ricercatori hanno rilevato le connessioni fra questi eventi storici. Il professore di storia della fisica all’università di Harvard, Peter Galison, mostra invece che all’inizio del Novecento la costruzione della teoria della relatività deve molto alla fondazione degli ‘imperi del tempo’. Legando la storia delle idee scientifiche alla politica e economia dell’imperialismo, questo suo libro analizza la nascita dei sistemi di sincronizzazione del tempo e coordinamento dello spazio: nel trasporto di merci e esseri umani attraverso treni e navi; nella trasmissione dei messaggi attraverso il telegrafo; o nella elaborazione di coordinate geodesiche. Sappiamo che il matematico Henry Poincaré identifica il tempo come mera convenzione, mentre il fisico Albert Einstein mette in discussione l’idea newtoniana di un criterio assoluto di definizione di eventi simultanei. Entrambi sono fra i fondatori della teoria della relatività. Ma a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, il tempo non è più una coordinata locale di riferimento: diventa globale. Einstein e Poincaré erano spettatori e attori di un mondo in cui la globalizzazione del tempo diventava una urgenza politica ed economica degli stati coloniali (e dei loro amministratori). Il primo, come impiegato presso l’ufficio brevetti di Berna, aveva modo di analizzare e discutere nuove tecnologie inerenti l’orologeria elettro-meccanica che avrebbe regolato le nuove reti imperiali ora sincronizzate. Il secondo, tre volte presidente del francese Bureau de Longitude, era impegnato in trattative internazionali per definire il nuovo sistema dei fusi orari e poteva esaminare gli aspetti geo-politici derivanti dall’unificazione di questo sistema da una posizione di privilegio. Benché questo saggio non sia in grado di mostrare in maniera conclusiva il nesso tra relatività e imperi del tempo, il suo maggior pregio consiste proprio nell’investigare un aspetto della storia della scienza contemporanea su cui molto è stato scritto, ma mai nei termini in cui ne scrive l’autore. Per esempio, che Einstein fosse stato impiegato presso un ufficio brevetti è spesso stato considerato una specie di ‘incidente di percorso’ nella carriera di un genio. Quand’anche la storia della relatività è stata esaminata a partire da elementi culturali, il riferimento prevalente è sempre stato quello dell’idealismo e della filosofia: la crisi del soggetto di fine Ottocento. Mai quella che invece Galison chiama material culture. Che fosse quarta dimensione o convenzione, il tempo di Einstein e Poincaré era quello dei nuovi imperi. Quelli che esigevano che il treno da Parigi a Berlino non si scontrasse con quello nella direzione opposta a causa della mancata sincronizzazione temporale tra le linee ferroviarie francesi e tedesche. O che la rete telegrafica che univa il globo terrestre da Londra a Bombay a Sidney a San Francisco a New York e di nuovo a Londra fosse sincronizzata. Per l’autore di questo libro, il problema fisico-matematico della sincronizzazione e simultaneità degli eventi si sovrapponeva a quello economico dei traffici commerciali e a quello politico della supremazia degli imperi nella definizione di standard spazio-temporali internazionali. Mentre la scienza del Novecento nasceva nei relè di comando delle stazioni ferroviarie e nelle stanze della diplomazia internazionale.

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