Categorie: Società

Reporter sotto tiro

Limiti e inganni dei media nell’era dell’informazione planetaria sono stati affrontati nei tre giorni del premio giornalistico dedicato a Ilaria Alpi e a Miran Hrovatin, che si è tenuto dal 6 all’8 giugno a Riccione. Come ogni anno, nella cittadina romagnola si sono dati appuntamento inviati, reporter, esponenti del mondo laico e cattolico impegnati nella difesa dei diritti civili (soprattutto nei Paesi in via di sviluppo), per premiare i giovani giornalisti che si sono distinti. E per ricordare a tutti che sull’uccisione dei due inviati Rai, avvenuto a Mogadiscio otto anni fa, rimane ancora una zona d’ombra. Quest’anno il premio Ilaria Alpi è stato assegnato a dieci giornalisti italiani che hanno realizzato servizi e inchieste sulle guerre in Afghanistan e Palestina, sul G8 di Genova e su vari temi di interesse sociale, che vanno dall’immigrazione alle nuove forme di povertà. Il premio speciale è invece assegnato a un giornalista che si sia distinto per avere difeso la libertà di opinione e di informazione. Quest’anno lo ha vinto Mildred Hanciles, giornalista della Sierra Leone che è stata vittima di gravi violenze e soprusi per avere girato un video sulla situazione del suo Paese. Il figlio di Mildred, di appena cinque anni, è stato ucciso e il marito picchiato. Ora si trovano entrambi in Italia dove hanno chiesto l’asilo politico.I nomi di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono infatti solo due in una lunga lista di uomini e donne che hanno perso la vita mentre facevano il loro lavoro. Cioè riferire, per mezzo di immagini o parole, quello che altri cercano di nascondere. Il macabro elenco dell’International press institute (Ipi) parla chiaro. Dall’inizio del 2002 sono stati uccisi ventisei tra giornalisti e fotoreporter. I paesi più pericolosi sono Russia e Colombia: dall’inizio dell’anno in ognuno dei due Paesi sono stati uccisi sette addetti stampa. L’ultimo delitto risale all’8 giugno scorso quando a Starà, in Colombia, è stato assassinato il giovane radiocronista Oscar Hoyos.Nonostante la libertà di opinione e di informazione siano riconosciuti come due diritti fondamentali dell’essere umano dall’art.19 della dichiarazione dei diritti umani, secondo l’Ipi “in molte parti del mondo si respira un pesante clima di intimidazione e repressione: gli ultimi mesi del 2001 hanno visto tentativi senza precedenti da parte dei governi di controllare il flusso di informazioni e di reprimere i media”. Nel World Press Freedom review, il rapporto annuale dell’Ipi sulla libertà di stampa, si legge che persecuzioni e ritorsioni, sia contro dissidenti politici che giornalisti, sono una pratica comune in molti Paesi, soprattutto in America centrale e in Africa. Ma dopo l’11 settembre, e soprattutto durante la guerra in Afghanistan, le cose sono andate peggiorando anche nei Paesi occidentali. Se da una parte infatti si è presentato il problema dell’accessibilità alle fonti delle notizie, dall’altra c’è stato il controllo dei governi sui temi e le modalità degli argomenti da trattare. I famosi video di Bin Laden e la polemica sull’opportunità o meno di mostrarli al pubblico ne sono un esempio. “In Afghanistan abbiamo assistito a una vera e propria guerra di propaganda” ha detto Ibrahim Helai, direttore delle news di Al Jazeera, dal palco del premio Ilaria Alpi. “Se dopo l’11 settembre è cambiato qualcosa nel modo di fare informazione”, ha continuato il giornalista, “è che tutti hanno avuto l’opportunità di capire che non c’è libertà nel mondo dei mass-media”. Secondo il caporedattore dell’emittente satellitare araba, il problema fondamentale sta nel fatto che “il 75 percento dei media di tutto il mondo sono sotto il controllo diretto o indiretto (attraverso la selezione di notizie effettuata dalle agenzie di stampa) degli Stati Uniti”. Inoltre in situazioni di guerra “è molto difficile essere imparziali e avere l’accesso alle informazioni, che vengono filtrate dai servizi segreti e dagli eserciti”. Altri, fra cui Raffaele Masto, redattore di Radio popolare, accusano anche la cattiva qualità dei media: “La mercificazione della notizia richiede sempre più velocità a discapito della qualità. Per arrivare prima degli altri si contestualizza sempre meno”. Rischiando di riportare notizie non corrette senza rendersene conto.

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