L’Italia è prima in Europa, ma non ha motivo di vantarsene. Perché la classifica è quella delle antibiotico-resistenze: quelle infezioni per le quali non abbiamo più armi a disposizione, giacché i batteri sono diventati insensibili all’azione degli antibiotici. Ogni anno nel nostro paese si contano infatti circa 200.000 infezioni e 10.000 decessi per antibiotico-resistenza pari a circa un terzo di quelle in Europa – rispettivamente 670.000 e 33.000 – con livelli di resistenza per Acinetobacter species, Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae superiori al 50%.
“Uno dei principali fattori alla base del grande problema dell’antibiotico-resistenza in Italia è legato all’uso non razionale degli antibiotici da parte del paziente, che li assume anche senza il consiglio del medico”, spiega Giuseppe Signoriello, che insegna Statistica Medica all’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli ed è membro dell’Osservatorio ICAARO web della stessa Regione. L’uso eccessivo di antibiotici riduce infatti la sensibilità dei batteri nei confronti dell’effetto terapeutico, che si “adattano” e diventano resistenti al farmaco. Per questo dal 2017 l’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) dell’Aifa monitora il consumo e la spesa annuali di antibiotici con lo scopo di identificare le aree di potenziale inappropriatezza d’uso. L’ultimo rapporto, relativo ai dati del 2021 e pubblicato lo scorso 6 aprile, ha confermato il primato italiano nel ricorso ad antibiotici di seconda scelta – con indicazioni specifiche e limitate – con il 52% di consumi a livello territoriale e il 55% di quelli ospedalieri. Le regioni del Settentrione si caratterizzano per un consumo ridotto rispetto a quelle del Meridione, dove il consumo è due volte maggiore.
Resistenza agli antibiotici: la lezione della pandemia
“L’esempio più lampante di inappropriatezza l’abbiamo visto con la pandemia da Covid-19”, continua Signoriello, “quando siamo perfino arrivati a credere di curarci con l’antibiotico e le vendite di azitromicina sono esplose”. Nel 2021 negli ambulatori di medicina generale è emerso un uso inappropriato maggiore del 24 % per le infezioni delle prime vie respiratorie (influenza, raffreddore comune, laringotracheite, faringite e tonsillite) soprattutto nelle donne e negli over 65 anni. Anche i bambini, insieme agli anziani, si confermano ancora una volta il principale target di destinazione del farmaco, in quanto entrambi hanno ricevuto rispettivamente il 23,7% e il 42% almeno una prescrizione di antibiotici sistemici.
Nel mondo la situazione non è migliore
Nel 2015 l’Oms ha istituito Glass (Global antimicrobial resistance and use surveillance system), un sistema che fornisce un’analisi dettagliata dell’antibiotico-resistenza in 127 paesi (circa il 72% della popolazione mondiale) e che ha lo scopo di promuovere l’uso appropriato del farmaco in ambito umano, veterinario e ambientale – meglio conosciuto come approccio “One health”. Il rapporto Glass 2022 ha riportato livelli di resistenza dell’8 % per Klebsiella pneumoniae, del 20 % per Escherichia coli e di oltre il 50% per Acinetobacter baumanii e Neisseria gonorrea in ambito clinico-ambulatoriale. “Una setticemia da Acinetobacter baumannii, molto diffuso all’interno dei reparti di terapia intensiva” ha aggiunto Signoriello “significa morte quasi sicura al 90 %”. Anche un’infezione da E. coli non è cosa da poco. Questo batterio è infatti responsabile delle infezioni ematiche e del tratto urinario, che costituiscono rispettivamente il 17% e l’82% del totale di quelle riportate nel rapporto Glass.
L’importanza della vaccinazione anche contro la resistenza agli antibiotici
Uno studio, pubblicato su The Lancet nel 2022, ha stimato la mortalità globale nel 2019 associata a 33 specie resistenti e non – compresi i microrganismi appena citati – considerando 11 sindromi infettive. Questi batteri sono risultati responsabili del 13,6% delle morti in generale e del 56,2% di quelle per setticemia. E la situazione è ancora più grave nei paesi a basso reddito. Per questo l’Oms sta puntando sullo sviluppo di nuovi vaccini, che potrebbero limitare il ricorso agli antibiotici e raggiungere anche persone che hanno un accesso limitato ad altri tipi di assistenza sanitaria. È lo stesso intento delle più importanti società medico-scientifiche italiane che di recente hanno sottoscritto un documento inerente alle strategie efficaci per contrastare l’antibiotico-resistenza. Tra i punti salienti emerge, da un lato, il ruolo crescente delle vaccinazioni come strumento di prevenzione mentre, dall’altro, organizzazioni internazionali come l’Oms investono sempre più nella ricerca di nuovi antibiotici. “Sebbene l’80% sia contro il virus, incentivare i vaccini sarebbe ottimale per prevenire la meningite e le altre malattie batteriche”, continua Signorello.
Per questo il Piano Nazionale per il Contrasto all’Antimicrobico-Resistenza (PNCAR), che promuove l’uso appropriato degli antibiotici e la consapevolezza nella popolazione, sottolinea la necessità di investire nei programmi di stewardship antibiotica, ad oggi di esclusiva competenza dell’infettivologo. Per un intervento efficace, dicono gli esperti che hanno redatto il Piano, è opportuno promuovere l’educazione sanitaria dei cittadini e la formazione di tutto il personale sanitario sull’uso corretto del farmaco, sulla prevenzione e sul controllo delle infezioni – comprese quelle correlate all’assistenza.
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